“Guardate com’è rossa la sua bocca” è un affascinante viaggio sonoro che celebra i 50 anni di carriera di Angelo Branduardi attraverso le abili mani di Fabio Cinti e Alessandro Russo. Il duo riesce a catturare l’essenza del vasto universo musicale creato da Branduardi, offrendo una reinterpretazione raffinata e appassionata dei suoi classici intramontabili.
Come hai sviluppato la tua passione per la musica e quali artisti ritieni abbiano maggiormente influenzato il tuo percorso artistico nel modo più profondo?
La mia passione per la musica è nata ascoltando fin da molto piccolo i grandi classici, del cantautorato, del rock, del pop. Ho ascoltato fin da subito anche molta musica classica. È evidente che Franco Battiato abbia influenzato enormemente il mio percorso, insieme ad altri, essendo stato per me un chiaro punto di riferimento estetico, stilistico e emotivo.
A che punto della tua vita hai sentito il bisogno di esprimere la tua esperienza attraverso la musica? Qual è stata la scintilla che ti ha spinto a iniziare questo percorso?
Ho iniziato molto tardi, dopo i 25 anni, a pensare che la musica sarebbe potuta essere anche il mio lavoro e che quindi avrei potuto esprimermi con essa con maggior forza e incisività. Né sono stato io in prima persona a spingermi a farlo, ma sono stati gli amici, musicisti a non, a dirmi che avrei potuto lanciarmi per progettare qualcosa di più serio. Da parte mia mi sentivo spesso inadeguato e mi sembrava che “fare” il musicista, oltre che esserlo, fosse qualcosa oltre le mie possibiltà, un’attività – dal punto di vista della carriera – riservata a pochi.
Qual è il tuo primo ricordo tangibile legato al mondo della musica? C’è un momento specifico che ha lasciato un’impronta duratura sulla tua percezione musicale?
A 5 anni mia madre ascoltava “La voce del padrone” in macchina quando io ero con lei. E mio fratello portava a casa i vinili dei Pink Floyd o di David Bowie… sono state grandi scoperte, un mondo incredibile da scoprire.
Parlando del tuo ultimo album, esiste un filo conduttore che unisce le diverse tracce nella tracklist? Qual è il messaggio o l’emozione che hai cercato di trasmettere attraverso questo lavoro?
Le tracce sono unite solo dalla passione che abbiamo in comune io e Alessandro Russo per l’opera di Branduardi. Non abbiamo cercato un filo conduttore lirico, musicale o di altro tipo, ma solo di essere interpreti puri di canzoni che non hanno bisogno di altro, nemmeno della nostra stessa personalità. Ci siamo messi completamente al servizio di tutte quelle emozioni e sfumature che appartengono già a quei brani, come dei narratori, immedesimandoci nei racconti. Vorremmo che chi le ascolta si emozionasse per il contenuto e non per la nostra esecuzione. Ma proprio per questo le nostre scelte sono state molto oculate, precise e rigorose.
C’è una canzone in particolare a cui sei profondamente legato o che ha richiesto un processo emotivo più complesso durante la sua creazione?
“Confessioni di un malandrino” è un brano complesso, anche piuttosto difficile da cantare e se – come dicevo sopra – ci si immedesima nel testo è difficile non emozionarsi. Quella sì, è una canzone alla quale sono molto legato.
Nel tuo percorso artistico, quanto consideri fondamentale la ricerca e la sperimentazione di nuove sonorità? Come questa continua esplorazione impatta il tuo approccio al processo creativo?
Qualcuno ha detto “il nuovo è da sempre”. Ed è già stato fatto molto da un punto di vista sperimentale. Credo che la vera sperimentazione, oggi, sia la sottrazione, riuscire cioè a tornare a dare un peso ai contenuti, perché con la tecnologia che abbiamo riusciamo a fare davvero tutto quello che immaginiamo. Ma è difficile emozionare davvero con poco, perché per farlo occorrono, appunto, i contenuti, anche da un punto di vista sonoro e non solo lirico.
Qual è l’insegnamento più significativo che hai appreso finora attraverso la tua esperienza musicale? Come ha plasmato la tua visione artistica e il modo in cui affronti la creazione musicale?
Con il passare degli anni mi sono accorto che le cose migliori nascono spontaneamente e che non bisogna mai forzare nulla. Questo non vuol dire non impegnarsi poi nella costruzione di un brano o di opere più complesse, anzi, il processo creativo richiede molta volontà. Ma ciò che si decide a tavolino ha spesso vita breve.
Ci sono anticipazioni o novità che desideri condividere in anteprima con i nostri lettori riguardo ai tuoi prossimi progetti o sviluppi artistici?
Oltre alla musica la mia grande passione è la filosofia: sto scrivendo un saggio di estetica e immanentismo… Immagino questo sia poco interessante per i più, ma per me è molto emozionante!