Un faro. La solitudine. La dannazione del rock e poi tanto altro che, come per tutti, la vita nasconde e non gli serve la notte per farlo. Certi scheletri luccicano anche al buio. Forse non è un caso che il primo romanzo di Davide Catinari è “White Light” edito da Camena Edizioni. Forse non è un caso che lo storico fondatore dei Dorian Gray abbiamo parlato di tematiche in bilico tra dissoluzione e rinascita… buio e luce sono veri protagonisti sottotraccia. Forse non è un caso che nel protagonista la musica dal suo passato torna sempre attuale… come una ferita forse…

Musicista e scrittore: le due cose corrono parallele ma non sempre. Dovendoti definire?
Le definizioni sono gabbie da cui bisogna evadere, per questo mi piace il termine terrorista emozionale. Ha più aderenza al motivo per cui scrivi, suoni, dipingi o fai cinema, cioè lavorare sulle emozioni utilizzando tutto ciò che hai a disposizione.

E da oggi, nel tuo futuro: musica o letteratura ?
Ho appena ultimato la produzione di un docufilm sulla scena musicale dei primi anni ottanta, che dovrebbe essere presentato in autunno. Si tratta di un diario generazionale legato al movimento new wave nella sua accezione più vasta, uno spartiacque tra l’era della lotta sociale e quella della sopravvivenza individuale. Dopo l’uscita dei questo lavoro mi metterò il problema, anche se è possibile che ricada in tentazione. Scrittura e musica sono comunque finestre sull’anima e non possono restare chiuse per troppo tempo.

La dannazione metropolitana (così mi piace definirla) sembra sia un collante per tutto il racconto. Un libro molto punk per certi versi. Non trovi?
Assolutamente. Non volevo che ci fossero filtri nella narrazione e nella ricostruzione del un conflitto emotivo tra la verità e i suoi surrogati. La tensione che si respira è ispirata dalla ricerca di una purezza vestita di disillusione, un atteggiamento simile alla consapevolezza perdente di certo punk primigenio, nato per non sopravvivere a se stesso.

Che poi non a caso ci sono richiami ad un certo mondo musicale… è da lì che nasce l’idea del romanzo?
In realtà nasce da uno spettacolo che si chiamava “Periferie dell’Infinito”, un reading musicale e visivo costruito sulla libertà di essere se stessi, oltre le convenzioni, l’omologazione mentale e la maschera della morale. Dentro c’erano anche storie di artisti destinati a interpretare la vita come strumento per liberarsi dalle regole ed esprimere la propria visione del mondo, senza compromessi. Ne sono state fatte diverse repliche prima del blocco totale dei live di qualche anno fa, per i motivi che tutti sappiamo. Il racconto parte proprio da quell’esperienza e , per certi versi, ne rappresenta un’estensione

E se ti chiedessi se ci sono cose autobiografiche?
Bè, tutti i riferimenti al mondo della musica sono naturalmente filtrati dalla mia esperienza, il resto tratta un immaginario denso di riferimenti a situazioni collocabili nel trapasso dal novecento al secolo successivo, appartenenti a un mondo ancora in equilibrio tra la dimensione analogica e quella digitale. Non è esattamente lo specchio della mia generazione, ma ne comprende certamente qualche riflesso.