Nel cuore dell’Afghanistan dilaniato dalla guerra, le Forze Speciali Italiane stanno cercando di stabilizzare una nazione sull’orlo del caos. Una scoperta inaspettata: antiche munizioni della Seconda Guerra Mondiale, ricolme di agenti chimici, gettano una nuova e tenebrosa luce sul conflitto. Da un tranquillo villaggio di pescatori italiano, all’inquietante mercato nero della ex Jugoslavia, fino alle profondità delle montagne afghane, una caccia mozzafiato contro il tempo è iniziata. Sono le prime righe di una esegesi che da sola basta ad incuriosirmi. Ho cercato di andare oltre con passo gentile e senza invasioni di campo: “Sarissa – Vaso di pandora” è l’esordio di Luigi Mirabella edito da Lupi Editore.
Quando un romanzo ispira un suono: che musica sceglieresti come colonna sonora?
Non saprei dire, esattamente, quale tipo di musica sceglierei. Posso dire che mi piacerebbe avere, come compositore per un eventuale film tratto dal romanzo, uno tra Hans Zimmer e Alan Silvestri, con una leggera preferenza per il primo. Detto questo, implicitamente ho anche scelto il tipo di musica.
E che film anche…?
Molti film di guerra hanno delle dinamiche che ricordano “Sarissa – Vaso di Pandora”. Penso a “Lone Survivor”, “12 soldiers” e “13 hours – The secret soldiers of Benghazi”. Sono tutti war movies ambientati in Afghanistan o in Libia. Avrete anche notato che sono tutti americani, così come i compositori, sebbene Zimmer sia nato in Germania. Gli americani sono i numeri 1 in questo genere di film per quanto vedrei bene anche qualche attore italiano nei panni dei miei personaggi.
Un romanzo che in qualche modo ricolloca anche il nostro paese dentro scenari internazionali. Un modo come per riportarci in un centro da cui spesso ci tiriamo o ne restiamo ai margini? Come la vedi secondo te?
L’Italia, per sua natura, non può e non deve stare ai margini. Come potrebbe essere ai margini una nazione che è al centro del Mediterraneo, rotta vitale nei traffici commerciali tra il canale di Suez e lo stretto di Gibilterra. Oltre questo, al giorno d’oggi e con un mondo per molti aspetti più piccolo e interconnesso, è necessario far sentire la propria presenza a livello internazionale, senza limitarci al nostro orticello; è quello che viene chiamato “Mediterraneo allargato”, per esempio. Questo va fatto non solo con l’impiego delle nostre forze armate – quando necessario e solo se è strettamente necessario – ma, soprattutto, con un’azione politica decisa e pervasiva dei governi e della diplomazia.
Tutta questa storia da cosa nasce? Quale scenario politico l’ha ispirata?
Nasce dalla volontà di raccontare una storia che vedesse per protagonisti i nostri ragazzi, tra uomini delle forze armate ed elementi dei servizi segreti. Amo i romanzi di Tom Clancy e Patrick Robinson, tanto per citare due mostri sacri del genere “techno thriller”. Un giorno mi sono chiesto…perché devono essere sempre gli americani a salvare la situazione? Una domanda all’apparenza semplice ma che mi è costata molta fatica e lunghe notti insonni per arrivare a una stesura di “Sarissa – Vaso di Pandora” che mi soddisfacesse. Quanto allo scenario politico…che dire. Quando iniziai a scrivere “Sarissa” eravamo fortemente impegnati nella guerra in Afghanistan e non c’era teatro “migliore” dove ambientare la storia, per tanti ovvi motivi che il lettore può scoprire leggendolo.
E nella scrittura quanto hai lasciato spazio all’improvvisazione? Oppure avevi tutto fedelmente in testa?
Non credo sia possibile avere tutto fedelmente in testa. La mia esperienza mi dice che uno scrittore ha una storia, nella mente, che si sviluppa per sommi capi. È consapevole della direzione che vuole prendere; conscio del dove vuole andare e da dove partire. Magari avrà anche numerosi dettagli del suo sviluppo ma è inevitabile che una parte del racconto si sviluppi nel corso della scrittura. Sembra strano ma è così. Mentre si scrive si arriva, numerose volte, a dei bivi, nei quali lo scrittore deve decidere da che parte andare o, addirittura, da che parte andrebbero i protagonisti della storia, nel mantenersi coerenti con sé stessi.
Del finale… pensi sia il coronamento di un “manifesto politico” che serva a riflettere su cose dell’attualità politica e sociale?
L’idea di voler lanciare un manifesto politico è molto lontana da me. Però è chiaro che un romanzo di questo tipo tende a far riflettere su molte cose: la guerra, l’impegno dei nostri soldati, la giustezza di una determinata causa, le motivazioni che spingono certe persone ad arruolarsi nelle forze armate e altre a ricorrere al terrorismo. Giusto per citare alcune delle riflessioni che possono scaturire dalla lettura di “Sarissa – Vaso di Pandora”.