Anche la storia infinita della lirica italiana è in un libro, degli autori Ciavarella e Takenaka.

articolo di Sebastiano Biancheri (con la collaborazione dell’editore Quintino Di Marco)

Chi ama i libri e la lettura sa che in genere le pubblicazioni di argomento musicale non sono particolarmente attraenti dal punto di vista grafico, anzi nel caso dei metodi di formazione, troviamo opere piuttosto spartane, funzionali al contenuto, sicuramente non in grado di farci volare con la fantasia a dorso di un cane bianco. Chi ama la lirica sa che l’allestimento di un’opera negli ultimi tempi privilegia l’aspetto visivo rispetto all’interpretazione e purtroppo in qualche caso anche alla qualità musicale. Yuri Takenaka e David Ciavarella con il loro libro “UT – Cantare la lirica italiana”, editato nel giorno di Santa Cecilia patrona dei musicisti nel 2021 da ADM – I libri del Pantheon 2021, hanno fatto l’esatto opposto creando un testo dall’aspetto eccellente e dando risalto principale all’essenza del melodramma: la musica e il canto.

L’intento e la necessità di questo lavoro sono spiegati dal Maestro Ciavarella: “Non bisogna mai dimenticare che il melodramma è una forma teatrale dove la parola parlata diviene parola cantata ( …) la comprensione del testo riveste un ruolo fondamentale nella messa in scena di un’opera lirica.”. Già, la comprensione del testo. Effettivamente ci si potrebbe spiegare il mistero dell’ininterrotto successo planetario della lirica italiana solo se, lungo gli oltre 400 anni di rappresentazioni e quindi in un mondo prevalentemente analfabeta, si sia potuto capire almeno il senso del racconto in musica. A questo proposito nel libro c’è la puntuale citazione di un passo del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri sul rapporto testo e musica:

“e come a buon cantor buon citarista

fa seguitar lo guizzo de la corda,

in che più di piacer lo canto acquista”

Ciavarella e Takenaka, tenore e soprano di grande levatura, hanno raccolto la loro esperienza e il risultato di uno studio attento delle grandi voci del recente passato in una tecnica di insegnamento centrato sulla naturalezza dell’emissione vocale e sulla comprensibilità della parola cantata. Gli allievi italiani, olandesi, inglesi, cinesi, australiani e giapponesi confermano che questo metodo di formazione dà ottimi risultati e può essere utilizzato anche da chi fa un uso professionale della voce. Certo sarà difficile sentire in un tribunale il canto di un avvocato o in radio quello di un giornalista o magari di un cronista sportivo, per quanto possa essere tifoso di una squadra che ha appena segnato un gol ma l’obiettivo è quello di usare al meglio il nostro “apparato fonatorio”.

Tornando al libro, oggetto piacevole e ben curato, ha in apertura il racconto inedito di Beniamino Gigli jr. delle lezioni di canto del grande nonno e prefazioni di prestigio scritte dai maestri Sergio La Stella, Peter Tregear, Miciko Tadè e Noriyuki Hirata. Ogni capitolo tecnico è corredato da un qr code con esempi per ciascun tipo di esercizio vocale e una serie di indicazioni di ascolto dei grandi artisti in particolari ruoli, tutti disponibili nella rete internet, e appunti sul lavoro dei maggiori librettisti italiani inseriti in ordine cronologico e con molte curiosità.

Non mancano poi inserti dedicati alla poco conosciuta (e riconosciuta) produzione femminile come quella di Nannerl Mozart, sorella di Wolfgang, quella di Grazia Deledda, o quella di Maria Luisa Coccia e della Marchesa Colombani. Non è stata dimenticata nemmeno la crudele pratica della castrazione per ottenere voci maschili con una estensione di voce particolarmente acuta che rimase in voga fino all’inizio del 1900 della quale esistono e sono indicate solo pochissime registrazioni.

A questo punto mi sembra evidente che non si tratta di un libro solo per gli addetti ai lavori, altro pregio di un testo sulla lirica, ma come chiarisce il sottotitolo, “UT – Cantare la lirica italiana” è un metodo per la voce e una guida per l’ascolto.

E chiudo con un aneddoto riferito dal Maestro David Ciavarella.“Insomma, dai!” come ha detto l’amico che mi ha convinto a scrivere un testo di tecnica vocale “Questo è un libro che va letto! Come te lo devo dire? … Cantando?”.