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Sebastiano Biancheri presenta il 17 marzo prossimo (alle 17.30) al Teatro degli Eroi il libro “Teatro a Roma”.

Spigolature… Termine chiave per comprendere l’umiltà di uno spettatore che, da dietro le quinte è in grado di raccontare un universo teatrale di volta in volta radicalmente diverso. Ma se “dietro le quinte” significa un posto in platea – magari di lato e magari in galleria – e se la passione che alimenta la curiosità di scrivere di uno spettacolo non è mossa da una professione ma da una professionalità, lo stupore della lettura, che unisce godimento ad apprezzamento della tecnica con cui è messo in parola lo spirito critico, è dunque assicurato.

Così Sebastiano Biancheri, ligure di origine ma romano di adozione, giornalista e critico teatrale ma principalmente quadro direttivo di un’azienda pubblica, dimostra come la passione per il teatro possa condurre con la propria esperienza, stile narrativo e amore per la storia (le storie) e la fantasia in un mestiere puro, sano, autentico, a vivere esperienze uniche ed irripetibili, ma soprattutto a conservarne la memoria. Nasce dall’amore di trasmettere ai giovani un sentimento, quello per l’arte dello spettacolo dal vivo, il libro Teatro a Roma, appena pubblicato con la sua firma per Gremese Editore. Si tratta della raccolta di ottanta recensioni di atti unici della ribalta capitolina in cui l’impatto emotivo ed istintivo a contatto con una proposta sul palcoscenico si sposa (o divorzia) con una sagace presa di coscienza critica che sapientemente – nel bene o nel male – è in grado di documentare un vissuto, per chi lo leggerà, come se stesse vivendo la stessa empatia febbrile.

Biancheri innamorato del teatro

Biancheri è innamorato del teatro – lo si evince dagli aggettivi mirabolanti che seleziona in dettaglio per ogni differente avventura, ma è al contempo un tecnico che utilizza il suo metodo critico per spiegare la narrazione scenica e discernere il rapporto tra drammaturgia, regia, allestimento e interpretazione, soffermandosi anche sugli altri lavori che contribuiscono a fare di uno spettacolo un’opera d’arte totale, dalle luci ai costumi, dalle scenografie alle prossemiche, portando filosofie e pensieri concettuali sul termine della leggerezza, ma comunque rendendole presenti e attuali, anche nei casi di allestimenti leggeri e mise en scène che, a seconda dei nomi attoriali di esclusivo livello o popolarità, possono rassomigliare a one man show che esulano dalle intenzioni drammaturgiche della commedia che si è deciso di vivere nella magica scatola teatrale.


Molto interessante e variopinta la scelta di opere, autori, registi e interpreti recensiti, per non parlare dei luoghi teatrali che consentono anche allo storico che si accinge a scovare questo delizioso compendio di pianificare una mappatura dei luoghi romani del XXI secolo, o meglio nel settenario che va dal 2013 al 2020. Si spazia dal Globe Theatre al Brancaccio, dal Teatro Prati all’Anfitrione, dal Golden al Tirso de Molina, con appendici all’Alba Radians di Albano Laziale o all’Imperiale di Guidonia.

Oltre ai templi sacri della prosa, come il Quirino o l’Argentina, Biancheri si immerge in un’infinità di piccoli spazi e teatri di periferia dove ogni cartellone è una scoperta e dove certe rassegne rivestono di specifiche identità l’abito di un luogo scenico e le intenzioni della sua direzione artistica.

Con nostalgia ci tornano alla mente – e anche non molto tempo addietro – cornici uniche come il Teatro dell’Orologio o La Cometa – così come maestà attoriali quali Gigi Proietti o emblemi del comico al femminile come Francesca Reggiani o Cinzia Leone rivivono grazie alla florida penna di un critico che della vita (fittizia) teatrale ha riesumato l’essenza e il tocco leggiadro fissandolo eternamente su carta consentendo alla scorrevolezza dell’occhio, soprattutto se uno stesso spettacolo lo si è vissuto in prima persona, di coltivare e rinverdire i rami della propria memoria confrontandone il ricordo, riassaggiando il passato con un sapore diverso, o magari ritrovandolo con le stesse sensazioni.

È questo il giusto rapporto che un’analisi critica (che è comunque sempre soggettiva) deve riportare alla luce fissando in diversi contesti il suo imprinting su uno spettacolo teatrale (o viceversa). Un’operazione importante, quella realizzata da Biancheri in quanto esemplificativa di una critica che sta scomparendo, offuscata dai copia-incolla di comunicati stampa rieditati da giovani generazioni all’avanguardia “social-mediaticamente” parlando, ma che forse dei contenuti e valori di una certa drammaturgia non masticano molto, con il risultato di uno spostamento della cognizione percettiva.

Ora, si può giudicare superficialmente uno spettacolo senza capirlo, in base alla durata o al volto noto, o alla scenografia più o meno adeguata alle nuove tecnologie, ma dimenticando che, alla base del teatro, c’è la scrittura, quella sapientemente partorita da un confronto con altre letture scritte ed altri spettacoli vissuti e soprattutto capiti. Il messaggio, dunque, cui questo utile e non pretenzioso ma anzi veloce manuale per tutti (da consumarsi a gocce di memoria) vuole trasmettere è rivolto col cuore anche alle nuove generazioni, affinché si possano entusiasmare alla vita (come spettatori) del teatro comprendendo che non è un’esperienza da noiosi bacchettoni di altri tempi ma una nuova vita da godere in terza persona, identificandosi con le storie di fantasia che propone o distaccandosi da esse, ma sempre e comunque con giudizio critico.

Ma dopo la pandemia, lasciatecelo dire – e questo libro più che mai ci spinge a farlo – torniamo in massa a respirare nuovamente, “in presenza” il teatro.