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Sarà capitato anche a voi di venire a contatto con persone che praticano o che seguono sport minori (sì, ogni tanto le parole giuste vanno usate), che si lamentano perché la loro disciplina non se la calcola nessuno e “il calcio è solo una macchina da soldi, è tutto programmato, undici idioti che corrono dietro a una palla” e bla bla bla. Ma una domanda dobbiamo farcela: ma chi fa parte del microcosmo di uno sport minore, che cosa fa per farlo conoscere e renderlo attraente?

Odio le generalizzazioni e gli stereotipi, non voglio dire che tutti sono così, ma una buona fetta si rispecchia in questo ragionamento. Un esempio di sport che ha saputo progredire, ad esempio, è il rugby. Alle partite c’è un’atmosfera conviviale, gli esperti spiegano ai novizi perché un placcaggio è pericoloso e l’altro no, perché quella touche è storta e perché quell’altra è regolare. In tribuna si sorseggia birra tranquillamente e senza eccedere. Quando capita qualche zuffa in campo, tutti si gettano per farla finire e il pubblico continua a seguire tranquillamente la gara, senza lanciare l’assalto di William Wallace agli inglesi. Eh sì, è anche lo sport dove l’Italia prende scoppole da 20 anni al Sei Nazioni.

Una fase di gioco di Italia-Inghilterra del Sei Nazioni

Eppure il rugby è entrato nel cosmo nazionalpopolare e lo ha fatto nel tempo con un lavoro, che ha delle lacune, ma che è riuscito nel segno. E tra l’altro tutto questo cancellandosi la brutta nomea di sport violento. Questo perché? Perché chi ne ha parte ha contribuito alla causa, facendo conoscere agli amanti degli altri sport perché è bella la palla ovale ed alla casalinga di Voghera che Martin Castrogiovanni è un valido personaggio televisivo. Specifichiamo che si tratta di successo per la Nazionale e non per i club.

Quanti sanno chi ha vinto l’ultimo Scudetto? E quali sono le squadre italiane che non giocano nel campionato italiano? E soprattutto, ma gli altri sport cosa fanno? Ben poco, a dire la verità. Molti pensano che basta mettere un paio di post sui social network, magari pure fatti con qualità imbarazzante, e va bene così. Poi succede tutt’altro. Succede che il tuo bellissimo sport lo ignori e ti dedichi, come fanno gli altri, a parlare del fuorigioco non dato, dal calciatore che è un mercenario e del tuo amico, tifoso della squadra rivale, che deve rosicare. Tutto questo lo fai per non rimanere fuori da quello fa il mondo.

Succede che ti lamenti del fatto che il tuo sport minore non viene notato, senza però fare niente. Senza considerare che un bambino, per avvicinarlo, ce lo devi portare dentro e farglielo provare con mano. Non bastano due frasette che si possono usare per qualsiasi cosa. Ma anche con gli adulti il procedimento deve essere simile. Ti piace una cosa e vorresti che piacesse anche a me? Coinvolgimi, portamici dentro, attìvati. Magari quello sport che segui ha ottenuto tanti successi, anche a livello mondiale. Però non fai niente per farlo sapere al popolo.

Se fai così allora sei il campione dei figli di nessuno. E poi diventa tutto una lamentela, come detto a inizio articolo e la domanda esce fuori dal cuore: “e tu cosa hai fatto per far cambiare le cose?” Niente, assolutamente niente. “Tutto cambia perché nulla cambi”, diceva il Gattopardo. Lo so, citazione scontata, ma in offerta questa settimana non ho trovato di meglio.

Usciamo un attimo dall’argomento sport: non vi sembra di sentire da lontano un “la politica è tutto un magna magna, pensano solo agli affari loro” e poi li ritrovi a votare e far votare sempre le stesse persone? Questo perché, un sport molto praticato, forse allo stesso livello del calcio, è la lamentela. Che sia motivata, solo per attaccare bottone o perché sei arrabbiato, non interessa, l’importante è lamentarsi. Sembra che abbia quasi una qualità terapeutica, rigenerativa, tipo quel prodotto che ti ha consigliato il farmacista. La nostra Costituzione non difende la lamentela in sé stessa, ci passa molto larga con la storia della libertà di pensiero, ma su un discorso più specifico ci possiamo lavorare.