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La Coppa Italia di basket, con Final Eight a Pesaro, se l’è portata a casa Milano, ma nei nostri cuori brilla la stella della squadra di Tortona, che tutti chiamano Tortona, ma che in realtà porta il nome di Derthona, ovvero quello della città piemontese in latino. Nei quarti di finale vittoria abbastanza agevole con Trieste, poi il miracolo arriva nella semifinale contro la titolatissima Virtus Bologna. Sì, quella Virtus che l’anno scorso ha soppiantato Milano in quattro partite nella finale Scudetto.

Tortona gioca una grande partita, fa la lepre e blocca tutte le fonti di gioco delle V nere, che si innerviscono come delle belve, compreso Teodosic, uno dei migliori “costruttori” d’Europa e due giovani come Pajola e Mannion, due ragazzoni che ci hanno aiutato ad andare a giocare le Olimpiadi di Tokyo, si arenano. Coach Ramondino non lo dirà mai, ma secondo me sotto i baffi (che non ha), se l’è goduta. I campioni d’Italia tentano una disperata rimonta, ma lo sanno pure loro che la serata è tutta piemontese.

E il giorno dopo la finale contro l’irraggiungibile Milano, con patron Giorgio Armani in tribuna, giunto appositamente a Pesaro. Per tre quarti Derthona rimane in linea di galleggiamento, poi è total red con l’Olimpia che si porta la coppa in bacheca. Qualcuno penserà ad un miracolo non riuscito e che questa storia non possa interessare, ma se tutte le volte vincessero i più poveri poi non ci sarebbe più gusto a parlare di miracoli. Non viviamo sempre nel 2016 e non stiamo seguendo sempre il Leicester di Claudio Ranieri. E non possiamo parlare nemmeno di un Tortona povero.

Lo sponsor è Bertram Yachts, prestigioso marchio della nautica americana, non proprio il ferramenta che ti dà i 100 euro perché sei suo amico. Ma fidatevi, è una bella storia. Solo un anno fa Tortona, che si trovava nei meandri della serie A2, giunge tra mille emozioni alla finale playoff nel derby regionale con Torino. In molti sperano che la grande piazza ottenga la promozione, tutto fa presagire al salto del capoluogo di regione, ma Tortona è di un altro pensiero. In estate mercato da protagonista ed a metà campionato arriva un soddisfacente quinto posto.

Tutto questo con coach Ramondino, 39enne rampante, che nei time out parla in dialetto avellinese con Jp Macura, originario del Minnesota, molto talentuoso, ma a volte anche troppo estroso. Difficile capire qualcosa per una persona di Salerno o di Benevento, figuriamoci per un americano. La gran parte dei cestisti made in Usa che arrivano in Italia, non parlano una parola della lingua del sommo Dante. Conoscono solo le parole per salutare (sono molto educati), per mangiare e per chiedere aiuto. Non sempre, ma spesso è così.

Tornando a Macura (che si pronuncia Machiùra e ricordatevi di far spiccare l’accento americano), poco da dire: è un giocatore che ama fare le piroette per far canestro e tirare bombe in quantità. E Ramondino? A Pesaro ha sfoggiato una cravatta rosa, come tutto lo staff. Al momento, però, non sappiamo se abbia significato o se sia un guanto di sfida per Armani. In partita si fa sentire molto nei confronti dei giocatori, mentre nelle interviste appare impacciato, sembra che non voglia guardare l’obiettivo della telecamera. Ma a noi piace così e tifiamo per Ramondino.

E finiamo con Riccardo Tavernelli, a Tortona fin dalla C Gold (quarta divisione) e ancora a Tortona nella finale di Coppa Italia, tra l’altro anche con una buona prova. Che magnifico il percorso di questa squadra: come il percorso di un presentatore che prende l’ultimo treno per Mtv, poco prima della sua decomposizione, poi si trasforma a Sky dove diventa il re di X-Factor. Quindi costruisce un late show all’italiana, con il quale esplode definitivamente nella fascia 20-40.

Finita qui: no, decide, sorprendentemente di passare alla Rai, dove ricostruisce il suo format per adattarlo al target dall’età avanzata dell’Ammiraglia. Com’è che si chiama? Sì, Alessandro Cattelan. E sapete di dove è? Non ve lo dico…