Sigfrido Ranucci, sotto attacco, in pochi mesi ha ricevuto più di un dossier su di lui, ma non retrocede nemmeno di un millimetro.

di Ester Campese

Tra poco più di un mese riparte, precisamente dal 4 aprile, la nuova stagione di Report. e nonostante i feroci attacchi degli ultimi tempi Sigfrido Ranucci e la sua squadra non retrocedono nemmeno di un millimetro. Quando subentrò a Milena Gabanelli le sue parole furono: “Ti lascio mio figlio e le relative notti insonni”. E di notte insonni ce ne sono state. Ma un giornalista della razza di Ranucci non potrebbe fare altro se non il proprio mestiere e per fortuna aggiungiamo noi. Lavora in RAI da oltre 30 anni e da più di 20 segue inchieste giornalistiche. Chiaro che a qualcuno risulta “scomodo”.

Lui stesso in questi ulimì tempi ha dovuto difendersi, ma nonostante tutto non perde il sorriso e la sua natura placida e pacifica. Attacchi scomposti, scontati e fatti male, ma dalla sua Ranucci non solo ha il pubblico, ma la consapevolezza di  svolgere il proprio lavoro in modo corretto, serio e leale. Tra i suoi maestri Roberto Morrione direttore Rai News e Vice Direttore del TG3. Gli insegnò ad avere come riferimento il pubblico che paga il canone. Gli insegnò ad essere un servitore del servizio pubblico e di essere un fervente credente della notizia. Quella notizia che necessita della memoria, perché senza è orfana.

Ed è questo uno dei valori forti che ha ben presente, perché tutti noi tendiamo a dimenticare le cose, e questo “spegne” le coscienze. Altro fondamentale giornalistico è la libertà di stampa senza la quale è come non avere il certificato di garanzia. Se andiamo a vedere le graduatorie mondiali, in tale senso, scopriamo che l’Italia non sta proprio tanto bene.

Ranucci oggi vive sotto scorta, anche a causa della minaccia di killer, a suo tempo, incaricati da boss di ucciderlo. Recentemente, a seguito di una lettera anonima, è indagato con accuse di ricatti sessuali e mobbing. La redazione di Report fa quadrato attorno a lui dato che lo conoscono e collaborano assieme da anni, alcuni anche da decenni. Seccamente rispondono: solo fango e false accuse.

Chi fa questo tipo di giornalismo se lo aspetta di essere “scomodo” ed attaccato, perché vede sempre con un occhio diverso le cose, l’occhio giornalistico appunto. E’ importante offrire un punto di vista corretto ed equidistante. Raccontare la notizia facendo da mediatori tra un fatto e la ricaduta sulla gente. Questa onestà regala la longevità al programma che ha ben 25 anni di storia.

Attraverso Report sono state fatte inchieste che hanno fatto la storia. Ad esempio sui derivati finanziari, fu proprio il programma per primo a denunciare la questione, scoprendo i bilanci dei comuni, degli Enti di Previdenza e anche delle Banche che erano pieni di questi prodotti tossici. Non meno eccezionale fu lo scoop internazionale sui quadri di Callisto Tanzi del valore di ca 100 milioni, che erano sfuggiti alla dichiarazione del gruppo di Parmalat e alla magistratura parmense, ma anche a Crolla, l’agenzia di investigazione più importante al mondo.

Report ha raccontato anche come non sia stato attuato il Piano Pandemico. In questo periodo tutti hanno scelto di raccontare la pandemia mantenendo lo sguardo bonario sul Paese, si doveva essere soldali. Loro hanno deciso di denunciare le lacune perché c’erano degli strumenti, ma non sono stati applicati. Insomma Sigfrido Ranucci e la sua squadra ha scelto di mettere in luce le distorsioni del nostro Paese e con coraggio di andare contro corrente mantenendo il senso critico non solo per un pubblico dotto ma cercando di renderlo alla portata di tutti. Si è costruito nel tempo un rapporto di sincerità con il suo affiliato pubblico ammettendo anche gli errori senza paura di farlo. Questo è l’unico modo di far arrivare l’informazione in modo serio e corretto.

Il suo è un tipo di giornalismo che oggi purtroppo non c’è più. Quel giornalismo che era di grandi nomi come Sergio Zavoli, Enzo Biagi, Brando Giordani, potenti nella loro narrazione sia attraverso le immagini ma anche nelle parole. Una forza visionaria che auspichiamo possa tornare. Magari attraverso una scuola RAI in cui lo stesso conduttore possa insegnare il mestiere del giornalista di inchiesta. Trasmettendo così ai giovani il vero obiettivo della notizia che deve essere e restare patrimonio del pubblico.

Leggi altri articoli