Non c’è peggior sordo di chi non sente per mancanza di educazione musicale!

di Emanuela Mari

Ho seguito poco il Festival della canzone italiana appena concluso. Ogni anno mi avvilisce di più. E’ frutto anch’esso della totale mancanza di educazione musicale presente nel nostro Paese. Soprattutto per quel che riguarda la nostra tradizione classica o canzonettistica, che ha fatto scuola per secoli. Siamo imbevuti, tartassati, inebetiti di musica estera di pessima qualità. Tutto il giorno. Tutti i giorni. Abbiamo dimenticato le origini, le nostra meravigliose origini. 

Si canta ormai soltanto secondo un mood statunitense che non ci appartiene, a noi lontano. Le voci sono tutte uguali. Tutte lo stesso modo, lo stesso stile. Stento a riconoscere a chi appartenga quella voce che sto ascoltando alla radio… Ai bambini e ai ragazzi non si insegnano le basi del linguaggio musicale.

Come materia di studio la musica arriva a malapena nella scuola media, e sempre che alle elementari si abbia avuto la fortuna di imbattersi in una maestra che faccia fare pratica musicale, almeno con la voce. Della nostra tradizione dalle mille sfaccettature data dalle differenze tra regioni, poco o nulla. Eppure lì ci siamo noi. Tutti noi…

Stessa sorte è toccata alla storia dell’arte. Se ne fa poca, pochissima. Con tutto il patrimonio che abbiamo dovremmo vedere colonne continue di ragazzi in giro per le città ad osservare, studiare, respirare quelle opere d’arte che tutto il mondo ci invidia. No. Lezione in classe, teorica, sul libro. E si studia – poco – commentando pessime immagini (per risparmiare sui costi del testi), osservando figure e riproduzioni di quadri, monumenti, architetture, statue ecc… Immagini, solo immagini.

Abbiamo acquisito un’ignoranza imbarazzante rispetto alla media degli altri paesi. Abbiamo perso il buon gusto in ogni campo. Perfino nel mangiare. Parlo soprattutto dei giovani.  Noi! Il Paese dove si mangia meglio in assoluto nel mondo!

E pensare che le radici della nostra cultura artistica e musicale risalgono al mondo greco. A quel popolo che riconosceva alla musica un ruolo fondamentale nell’educazione dei suoi ragazzi. Platone e Aristotele ne esaltavano l’importanza morale e civilizzatrice, la capacità di educare l’animo al bello, alla grazia, all’armonia.

Affresco “La scuola di Atene” – Raffaello Sanzio. Al centro i principali filosofi dell’antichità Platone e Aristotele

La musica era materia portante ed imprescindibile per la crescita totale della personalità, oltre allo studio della grammatica, della matematica e alla pratica della ginnastica (per costruire un corpo sano). Il maestro deputato a tale insegnamento si chiamava kitharistés.  Gli allievi, con lui, imparavano a suonare gli strumenti e a usare la voce attraverso i testi dei poeti lirici accompagnandosi con la kithara o con la lyra (da qui l’appellativo di poesia lirica, usato ancora oggi). Di ciò abbiamo molte testimonianze attraverso le arti figurative, i poemi omerici e la letteratura.

Tutto ci comunica quanto la musica fosse fondamentale sin dalle prime fasi dell’educazione dei giovani. Essa era utilizzata come mezzo terapeutico e si faceva grande attenzione alla tipologia di musica eseguita. Sbagliare musica voleva dire causare problemi a chi ne fruiva!

Se passiamo poi all’ età medievale, troviamo pure qui la musica fare parte del Quadrivium (cioè le materie fondamentali di studio) anche come scienza dei suoni.

Luca della robbia – Euclide e Pitagora

Continuando nel tempo e restando aderenti alla produzione delle arti figurative, l’iconografia dei secoli successivi ci mostra continuamente lezioni di musica, persone che cantano accompagnate o meno, strumenti musicali dei più svariati generi, scene di musica all’aperto o nei salotti, danze, cori, eventi di piazza con musicanti, e chi più ne ha più ne metta. Segno evidente di quanto questa arte immateriale, e per questo da sempre considerata divina, sia stata e sia da sempre compagna della vita dell’uomo e della sua espressione artistica.

Ora, invece e per ignoranza, si sottovaluta la notevole capacità che essa ha nel modificare il nostro assetto emozionale. Troppo spesso, direi quasi sempre, si propone musica schizofrenogena, cioè non idonea ai nostri ritmi biologici e cellulari. In una parola patologica. Con danni soprattutto nei giovani che si trovano in evoluzione non solo fisica ma anche psico-emotiva. Questo è possibile anche perché da bambini non si è coltivato l’istinto innato del riconoscimento della musica fisiologica, cioè sana, da quella dannosa. I tristi risultati, uniti al devastante degrado del gusto in ogni campo, sono, ahimè, sotto gli occhi di tutti e Sanremo ne è uno degli aspetti più inquietanti.

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