Elena Vellucci

Il Fashion System durante la Fashion Weeck di Milano e Parigi, si sono mobilitati con donazioni  in vicinanza al popolo ucraino.

Il Fashion System ha appreso la notizia dell’invasione della Russia in Ucraina avvenuta durante la Fashion Weeck di Milano e Parigi. Prima invece immaginava un ritorno di mondanità e speranza, dopo il periodo buio vissuto per via della pandemia.  Le notizie e le immagini strazianti che arrivavano durante le sfilate dall’Ucraina hanno lasciato un senso di smarrimento e incredulità, spazzando via sorrisi e gioia.

Subito i brand durante le passerelle si sono mobilitati con cospicue donazioni e di vicinanza al popolo ucraino. Non solo fuori dai cancelli della fashion week, ma anche nelle piazze d’Italia, si sono viste manifestazioni con bandiere e scritte in segno di protesta contro la guerra in Ucraina.

È un periodo di incertezza quello che stiamo vivendo e anche il mondo della moda si interroga sui risvolti e i cambiamenti che avverranno per via del conflitto. Soprattutto per le sanzioni, rivolte dall’Unione Europea alla Russia, e le ripercussioni che avranno i blocchi di import ed export, sul Made in Italy che verrà in parte penalizzato anche per gli acquirenti russi che nel bene e nel male contribuivano alla ricchezza del nostro Paese.

Tutto ciò ci porta a volgere lo sguardo anche al passato e alla seconda guerra mondiale periodo in cui hanno vissuto le nostre nonne e bisnonne, subendo i cambiamenti a cui la moda si è dovuta adattare. Infatti i governi di allora imposero delle pesanti restrizioni per via del conflitto e per gli sforzi bellici. Gli uomini venivano chiamati al fronte e le donne non erano più relegate solo in casa.

Le donne sono infatti, durante quel conflitto, parte attiva nel lavoro con determinazione e forza. Sostituiscono gli uomini nelle fabbriche come volontarie o in altri compiti a cui prima era l’uomo ad adempiere. L’abbigliamento femminile si fa più formale e semplice con riferimento allo stile delle divise militari. Gli abiti più eleganti sono riservati a poche occasioni ed élite. Sono utilizzati i tailleurs le camicette con cinture che sottolineano la vita, le gonne diventano più aderenti.

Le spalle delle giacche sono squadrate con spalline e piene di tasche per trasportare i documenti. Le lunghezze degli abiti divengono più corte, proprio per razionare, come il cibo anche i tessuti. Sono utilizzati quindi quelli più modesti come la lana, il rayon, il nylon. Anche i colori subiscono questa tendenza, quelli più usati sono il verde scuro, il cammello e il marrone. Molte sartorie restano chiuse e le riviste di moda forniscono spunti alle donne per poter cucire da sé abiti e accessori come guanti, cappelli o abbigliamento per bambini con abiti o tessuti dismessi. Le calze in nylon non sempre sono reperibili e per simulare l’effetto della calza e le donne si dipingono una linea nera sulla parte centrale delle gambe. Per gli accessori le borse più usate sono le tracolle.

Gli spostamenti sono fatti in bici o a piedi e anche le scarpe, che devono conferire comodità, sono realizzate sempre con materiali modesti come stoffa, gomma, legno e sughero. In quegli anni nasce la zeppa proprio per assolvere il compito della funzionalità e dare comfort.

Nonostante il periodo di forti rinunce c’è comunque la voglia di sentirsi belle. In campo cosmetico dunque il make-up diventa il rossetto rosso, quello più in voga all’epoca. Per dare l’effetto del fard le donne si pizzicano le guance. I capelli sono raccolti in schignon o portati lunghi e ondulati sulle spalle, non avendo sempre la possibilità di andare dal parrucchiere. In testa si usano cappellini originali, realizzati in casa, alternati a foulard annodati sui capelli, con fiori. Solo alla fine della guerra le donne si riappropriano pienamente della loro femminilità e libertà che si riflette anche negli abiti. Con l’affacciarsi di uno stile tutto nuovo denominato “New loock” c’è il ritorno e il successo di Christian Dior.

Ritornando ai nostri giorni e alla triste realtà a cui assistiamo ogni giorno, il pensiero è rivolto alle donne Ucraine che come nel passato sono le vere eroine di questa assurda guerra che si spera avrà al più presto una fine.

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