Dal 2 dicembre 2022 al 29 gennaio 2023 la Compagnia Quarta Parete di Fabio Gravina mette in scena per la quinta volta al teatro Prati di Roma ‘Il medico dei pazzi’, trasposizione della celebre commedia in tre atti scritta nel 1908 da Eduardo Scarpetta.  Dall’opera teatrale nel 1954 è stato tratto un film di successo con la regia di Mario Mattoli interpretato da Totò, Aldo Giuffré, Carlo Ninchi, Nora Ricci, Mario Castellani, Enzo Garinei e Pupella Maggio.

Fu rappresentata in teatro nel 1959 dalla compagnia di Eduardo De Filippo, con Pupella Maggio, Pietro De Vico, Enzo Cannavale, Antonio Casagrande, Ettore e Pietro Carloni, Angela Pagano.

Felice Sciosciammocca (Fabio Gravina) è un proprietario terriero benestante di Roccasecca. Ha un nipote scellerato, Ciccillo (Eduardo Ricciardelli), studente in medicina, che soggiorna in una pensione di Napoli, di cui è orgoglioso e che mantiene a sue spese, ignaro della vita scapestrata che il parvenu conduce lontano dalle mura domestiche. Il giovane ha dilapidato una fortuna al gioco e per far fronte ai debitori e continuare a mungere lo zio, gli comunica di essersi laureato e di dirigere una clinica per pazzi. Felice, che ha deciso anche lui di aprire un manicomio al paesello, decide di far visita al nipote insieme alla ricca consorte Concetta (Mara Liuzzi) e rendersi conto di persona della gestione della casa di cura che ha contribuito con cospicui fondi a finanziare.

L’arrivo inaspettato dello zio in città scombina però i piani dell’aitante Ciccillo che, per non farsi scoprire ed evitare di vanificare la colossale bugia, ricorre ad uno stratagemma rischioso, difficilmente verosimile ma efficace. Il piano architettato sarà di far credere allo zio Felice che ‘Pensione Stella’, questo il nome della struttura in cui dimora, è in realtà un vero e proprio manicomio e quindi gli ospiti che vi alloggiano non sono clienti abituali ma pazzi conclamati da lui stesso premurosamente assistiti e curati. Si mette quindi d’accordo con l’amico Michele (Gianni Quinto) che, reggendogli il gioco, al cospetto dello zio si dovrà fingere a sua volta pazzo, un pazzo ‘calmo’, persuaso di essere un grande tenore.
E poi c’è Bettina (Annalisa Renzulli) la governante del villino adiacente la pensione, che, in assenza dei legittimi proprietari, per un giorno accoglierà clandestinamente dietro compenso i coniugi Sciosciammocca. Convincere lo zio si rivelerà il minore dei problemi perché la finzione apparirà ai suoi occhi più affidabile di ogni verità. Messo di fronte a situazioni paradossali farcite di doppi sensi, fra intrallazzi e colpi di scena, il malcapitato Felice sarà talmente impressionato dai comportamenti disturbati di clienti e villeggianti, da rischiare di buttare le coronarie.

Una girandola di casuali coincidenze e funambolici intrighi non insospettiscono minimamente l’illustre visitatore e costituiscono la prova che quella residenza dal nome tanto gentile sia un manicomio da cui scappare il più presto possibile per quanto lo riguarda. L’obiezione che si può eccepire è che sia un po’ troppo all’avanguardia, privo com’è di camicie di forza e di barriere per gli ospiti, assolutamente liberi di uscire senza le opportune restrizioni e di andare a piacimento in trasferta. Ed è una delle ragioni di dissenso da parte di Felice, preoccupato a proprio rischio circa l’allegra gestione del disinvolto nipote. D’altronde i frequentatori della casa hanno di sicuro dei problemi irrisolti. Lo stesso direttore Carlo Sanguetta (Carmine Iannone) è un tipo strano, esagitato, alle prese con richieste di varia natura che clienti insoddisfatti e non proprio tranquilli gli propongono a ripetizione.

Non pagano, ma in compenso pretendono di essere serviti e riveriti, sempre, comunque e di buon grado. Ha una sorella, Amalia Strepponi (Patrizia Santamaria). Un tipo che incute rispetto a prima vista. Si trascina appresso l’inseparabile figliola Rosina che ripete il suo verso, visibilmente sfortunata, dalle sembianze di bertuccia, lo sguardo allucinato e armata di trecce (Flora Giannattasio). Amalia non sopporta il comune fratello, Raffaele (Raffaele Balzano) che con la fissa di fare l’attore drammatico, si è accasato a pensione e, in previsione di interpretare per una serata di beneficenza ‘L’Otello’ al San Ferdinando, si traveste da guerriero divertendosi a spaventare nella sua camera la fantozziana bertuccia che sviene dalla paura.
Raffaele è in combutta con Enrico Pastella (Giusepe Vitolo) sedicente maestro di musica incurante dei timpani degli altri clienti ammorbati dalle sue sonate, caduto in disgrazia, a suo dire, oltreché dal podio della Scala, per aver schiaffeggiato un orchestrale che lo irrideva. In prima fila per le pretese c’è il maggiore Mollichella, tutto di un pezzo, nostalgico di ‘quando c’era lui caro lei’ (Antonio Lubrano), al servizio del Regio esercito, che per un difetto di zoppia a causa dello scoppio di una granata, è sempre ’in imminente pericolo di caduta’ e ha necessità di essere coadiuvato nel calzare il secondo stivale. Ce n’è abbastanza per facilitare il compito di Ciccillo e rendere il soggiorno degli zii, se non gradevole, per lo meno senza sorprese aggiunte. Felice ha sposato in seconde nozze Concetta, donna la cui unica virtù è di avere tanti soldi.
Due tipi curiosi i due, in lite perenne e disaccordo perpetuo, stranamente assortiti, lui alto allampanato, lei tracagnotta tendente al basso e dall’abbigliamento eccentrico, sormontato abitualmente da un cesto di fiori, foglie e qualche frutto che suscita la collera del marito e, con insolito eufemismo, si ostina a definire cappello. I protagonisti di questa variopinta famiglia casualmente assemblata, direttore compreso, ce la mettono tutta per far apparire la locanda un manicomio in piena regola.

Potrebbero ingannare lo psichiatra più esperto. In un crescendo altamente rappresentativo di stravagante follia a cui concorrono veramente tutti, gli equivoci si sprecano insieme a provocazioni ed esternazioni demenziali, a percezioni di minacce inesistenti che il protagonista, Felice ormai solo di nome, avverte fino a sentirsi sempre più male. E’ scacco matto al re, tramortito da troppe emozioni, un tutti contro uno micidiale, persino un’accusa di adulterio, in una baraonda fuori controllo di comicità pura, inconsapevole per chi la subisce, e che si placa solo all’ultimo minuto della scena finale. Quando finalmente si svela il mistero. E ‘i pazzi’ vengono smascherati, insieme all’imbroglio di Ciccillo. Dopo tutto ‘sono cose di gioventù’. Ma è meglio non raccontarle, perché…‘fanno ridere la gente’.
Una tantum, vorrei accomunare tutti gli interpreti, senza distinzione, in un plauso collettivo, per avere offerto al pubblico due ore di spettacolo divertente e sano, di assoluto livello.
Con: Fabio Gravina, Antonio Lubrano, Patrizia Santamaria, Mara Liuzzi, Giuseppe Vitolo, Eduardo Ricciardelli, Carmine Iannone, Raffaele Balzano, Flora Giannattasio, Gianni Quinto, Annalisa Renzulli.
Scene e Costumi di Francesco De Summa
Musiche originali di: Mariano Perrella