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Abuso del tiro da 3 punti nel Basket e calo dello spettacolo.

di Fabrizio Trainito

Da millenni si è considerata la mischia come il luogo dove si scontrano i guerrieri più valorosi. Solitamente è celebrato il combattimento corpo a corpo, dove si affronta il nemico da vicino e spesso con armi simili. È ritenuto coraggioso il guerriero in prima fila, quello che non fugge il contatto fisico con il nemico. Si lascia invece agli arcieri un ruolo di supporto, pur non trascurandone l’importanza, ma comunque un ruolo al di fuori della battaglia.

L’arco appare l’arma del vigliacco e l’arciere sostanzialmente un vile, uno che colpisce da posizione protetta, alieno da quello scontro ravvicinato, che caratterizza l’autentica prova del valore degli uomini veri.

Lo sport che della guerra è la metafora non può che confermare questi valori.

Tuttavia talvolta ci sono delle storture che possono persino invertire i valori in campo. Questo è proprio il caso del basket, dove enorme valore è oggi attribuito a chi riesce a tirare da lontano: l’arciere del canestro. Tutta la squadra si mette al lavoro, si muove per ingannare l’avversario, per simulare attacchi e fughe, il tutto per riuscire a lasciare da solo il tiratore dalla distanza. Questi in completa solitudine lancia la palla al canestro. Non prende parte al gioco, non è immerso nella battaglia, non si confronta con l’avversario: attende la palla in solitudine e tira. Come l’arciere, potremmo dire che non cerca lo scontro in cui potrebbe perdere, ma vigliaccamente da solo scocca la sua freccia verso il canestro e punisce un avversario che non conosce, che non ha avuto modo nemmeno di incontrare sul campo. Lo si chiama appunto “cecchino” e a me non sembra un gran complimento.

Certo ci vuole mira, forza, tecnica balistica, concentrazione. Però se il basket fosse tutto qua, basterebbe sedersi e aspettare il proprio turno per i tiri “liberi” dalla distanza prefissata. Di certo smetterei di appassionarmi e “cambierei canale”.

Lo spettacolo è invece offerto da chi si spende nel confronto in area, con tempismo, finte disarmanti, movimenti prodigiosi, elevazioni potenti. Ma anche urti, colpi, spinte reciproche, sempre o almeno il più delle volte nei limiti della sportività. Sono spettacolari la schiacciata, il gancio, il terzo tempo, il tiro in sospensione per eludere il marcamento. Sono questi i colpi per i quali vale la pena pagare il biglietto e sono questi quelli che dovrebbero essere premiati in campo.

E invece no! Le regole premiano con il massimo del punteggio, ben 3 punti, il tiro del vigliacco!

Non si attribuiscono tutti questi punti al combattente in area che si scontra con altri titani e schiaccia il pallone in canestro. La fatica del confronto è l’autentico sale di questo e di molti altri sport di contatto. Le azioni dell’attaccante devono necessariamente confrontarsi con le capacità di difesa dell’avversario. Sudore, muscoli, abilità, elevazione nel salto, tempismo, finte, rotazioni del pallone ed effetti particolari, tutto conta nella battaglia sotto canestro. E spesso ci si deve confrontare contemporaneamente anche con più difensori.

Sono questi i momenti che più si ricordano della partita e che dovrebbero meritare il plauso, non il tiro solitario di un idiota che gioca da solo nella periferia del campo e senza alcuna opposizione. Tanto vale distribuire gli attaccanti nella loro posizione preferita e fargli lanciare palloni da lontano, mentre la squadra avversaria si rifocilla a bordo campo.

Il tiro da 3 punti fu sperimentato negli USA fin dal 1945, ma esordì nella NBA solo nel 1979. In Italia è stato introdotto nella stagione 1984-1985.

L’obiettivo originale era quello di aumentare lo spettacolo e rendere pericolosi anche i giocatori più bassi, aprendo le difese e facendo sì che il gioco fosse più imprevedibile. Era diventato necessario difendere su un tiratore avversario già a sette metri e mezzo da canestro.

Oggi però è usatissimo, direi abusato, anche perché è un tiro “pigro”, infatti con il tiro da lontano si evitano le fatiche di un confronto in area, la ricerca di una manovra che scardini difese e comporti un confronto diretto con gli avversari. In più questo tiro dalla distanza è come una scommessa, un azzardo però reso molto redditizio dal premio (ben 3 punti, una volta e mezzo un tiro normale).

Nelle ultime stagioni si è abusato del tiro da 3 anche a causa di un gioco povero, orfano dei “centri” e dei giocatori di peso, i dominatori d’area.

A mio parere i 3 punti assegnati al tiro del vigliacco stanno rovinando il basket che, in termini di spettacolo, si avvicina ad una gara di tiro a segno.

Ma non è una piaga irrimediabile… Basterebbe cambiare qualche regola.

Nella pallanuoto (sport che ho praticato da giovane) un tempo era molto difficile segnare. I giocatori in difesa alzavano le due braccia e i tiratori si trovavano 14 braccia alzate davanti alla porta: più facile azzeccare un terno al lotto!

Le partite erano noiose e povere di goal, quindi la federazione ha modificato una regola: un solo braccio per giocatore poteva essere alzato. A chi sbagliava veniva fischiato addirittura un rigore contro. Subito il numero di segnature per partita crebbe e così anche lo spettacolo.

Anche nel basket si dovrebbe procedere ad una revisione che attribuisca più valore ai tiri effettuati nella mischia, alle schiacciate, ai ganci e tolga il primato al tiro del vigliacco.

Un modo potrebbe essere quello di far valere 3 punti solo i primi tiri da lontano (ad esempio i primi 10), oppure aumentare il valore di gesti atletici come la schiacciata e il gancio. Forse si dovrebbe sperimentare un po’ di più…