Che la New Wave sia nel suo DNA non possiamo negarlo. Certamente dietro la sua lunga carriera si contano numerose le derive e i cambi d’abito pur sempre restando nel perimetro di una confort zone. Valente torna in scena con un disco che ci riporta al passato nonostante tantissime soluzioni futuristiche: “Radio Sky” esce per Dischi Soviet Studio di Matteo Marenduzzo e sin dai video che troviamo in rete capiamo che le citazioni di stile sono assai colte e pregne di una nostalgia rivoluzionaria…

Il nuovo disco di Valente riporta in scena l’inglese. Posso chiederti perché?
Io ho cominciato scrivendo in inglese e onestamente queste nuove canzoni mi sono uscite così e non ho voluto snaturarne lo stile né forzarle in italiano, per quanto abbia fatto dei tentativi, ma i brani non avevano la stessa forza così li ho lasciati in inglese; inoltre l’idea di questo disco è di comunicare ad una platea vasta, internazionale. Devo anche dire che in lingua inglese mi sento molto a mio agio con questo genere di canzoni dove ripercorro sentieri new wave ed elettro pop.

Una carriera lunga di tante derive diverse. Dagli esordi ad oggi il mondo si è rivoluzionato. Ti ci ritrovi o aspetti dalla “radio” una soluzione?
Sì, tante derive e voglia di cimentarmi e sperimentare in più ambiti, tuttavia con “Radio Sky” mi sono ritrovato proprio nel mio ambito più naturale e coerente con la mia ispirazione.
Il mondo, anche musicale e discografico, dai miei esordi si è chiaramente rivoluzionato, ma credo che il passato sia un punto di partenza fondamentale per inventare il futuro e restare comunque in connessione con se stessi: per me la “radio” era e resta la comunicazione più “umana” di cui disponiamo, sia nell’etere che sul web, per comunicare musica e idee relative alla musica, ma non solo, e un ritorno all’ascolto, anche a d occhi chiusi, alternativo alla connessione perenne telematica che ci rende schiavi dello schermo, potrebbe essere una soluzione per tornare a saper sognare, cosa di cui c’è grande bisogno.

Che poi quanto è anacronistica questa “radio”? una provocazione in senso estetico?
“Radio Sky” è un simbolo di comunicazione e interconnessione cosmica, anche esoterica e sicuramente ha anche un fascino estetico indiscutibile. Con “Radio Sky” ho voluto immaginare una radio che lancia un messaggio perenne verso il cosmo infinito, per chiunque fosse in ascolto, con uno stile minimale e telegrafico, poche frasi ripetute ad libitum come un mantra: “è questo che siamo?” “come abbiamo potuto giungere così lontano?” “Shine, Cry, Goodbye. Radio Sky” . Non solo la “radio” non è anacronistica, quindi, ma è decisamente futuristica e post- tecnologica, soprattutto umana.

Dal futuro questo disco che cosa rapisce secondo te?
In questo lavoro io il mio produttore artistico Andrea Lombardini, basso e il resto della band, Alberto Milani, chitarra, Gianni Rojatti, chitarra, Davide Colletto, batteria e programmazioni, abbiamo voluto suonare tutto, vale a dire che l’elettronica che senti, e che era presente nella fase iniziale dei miei primi demo, in realtà poi è stata suonata dalla band in studio e le poche programmazioni presenti sono innestate nella “carne” delle canzoni come dei microchip. Eccolo quindi il futuro: l’uomo si ribella al digitale e lo usa creativamente in modalità analogica e non si lascia usare dalla tecnologia.

E invece, che sia un manifesto politico, un ritorno al passato bello e buono?
Beh, certamente un’attitudine come quella che ho descritto pocanzi è senz’altro una dichiarazione di intenti anche politica: l’odierna ossessione per il “nuovo” a tutti i costi, la paura di invecchiare o di venire riferiti al passato, la fame di “futuro” che invece rimane sempre un “presente” già masticato e sputato dopo una brevissimo e superficiale utilizzo va fermata con un deciso invito ad amare e studiare il “passato”, a saperne estrarre la linfa vitale per creare nuove alchimie e non solo in campo artistico. Il cambiamento nasce dalla propria storia, non dalla paura di essere considerati storia.