Eccolo Silvio Capeccia, fondatore assieme ad Enrico Ruggeri di quei Decibel che tanto hanno avuto successo nei primi anni ’80, sdoganando il punk dentro le scene main stream italiane. Li ricordiamo tutti e li riviviamo anche nelle recenti pubblicazioni, reunion attesissime da molti. E ora siamo chiamati anche a riconoscerli dentro le volute di questo progetto che lo stesso Capeccia dipana dentro due dischi. Si intitola “Silvio Capeccia plays Decibel”, due dischi (Vol. 1 e 2) dentro cui ritroviamo 28 brani dei 60 pubblicati dai Decibel. E sono brani che qui trovano una codifica in solo piano. Dunque il classico, se ci si permette la sintesi, che reinventa e riscrive il punk. Un piano che da solo deve restituire dinamica e melodia alle canzoni che di loro hanno vissuto di una libertà che difficilmente ci viene da pensare “educata”. Un ascolto davvero molto interessante…

Due dischi, un lungo viaggio dentro la vostra musica. Credo sia difficile immaginarsi l’emozione che corre… musica vostra che d’improvviso devi riconfigurare da capo… come si descrive?
“Silvio Capeccia plays Decibel – Piano solo” è stato realmente un lungo ed emozionante viaggio nel repertorio della band di cui faccio parte. Durante il periodo di stop forzato dovuto al Covid avevo iniziato a postare on line l’esecuzione al pianoforte dei brani più noti, come “Vivo da re” e “Contessa”: questa iniziativa si è trasformata strada facendo in un progetto sempre più ampio, poiché dai brani nati al pianoforte mi sono progressivamente avvicinato alla rilettura pianistica di brani nati nel clima punk e new wave che da sempre ha caratterizzato i Decibel. Ed è proprio in questa fase che l’emozione è stata più forte, nell’accorgersi che le canzoni viste da questa prospettiva rinascono e prendono una strada propria, parallela a quella originale.

E pensi che sia stato violento snaturare il DNA di quelle canzoni che fondamentalmente nascevano Punk?
Penso che sarebbe stata una violenza affrontare questo repertorio come una semplice trasposizione al pianoforte. Non era questo il mio fine: di ogni canzone ho conservato l’intelaiatura armonica ed alcune linee melodiche che sono rimaste a ricordare la eco del brano originale. Da qui sono partito per costruire su ognuno di essi una particolare atmosfera. Cito uno per tutti “My my generation”, singolo tratto da “Noblesse oblige” (l’album della Decibel reunion del 2017). Canzone particolarmente aggressiva che è diventata un viaggio sognante ed evocativo grazie alle sonorità del pianoforte, pur avendo nella mia rilettura conservato, come detto, accordi e melodie. Credo che la musica abbia al suo interno delle dinamiche proprie, che sfuggono alla razionalità per presentarsi con risultati finali affascinanti e assolutamente non prevedibili.

Col senno di poi, riascoltando tutto, che risultato senti di aver ottenuto?
Sono decisamente soddisfatto del risultato ottenuto con questo mio progetto: innanzitutto per avere offerto a chi lo ascolta una visione originale di un repertorio ampio come quello dei Decibel, in contrasto con quella visione riduttiva che accostava punk e new wave a povertà musicale. In secondo luogo, perchè non sono un pianista di estrazione classica e aver portato a termine la rilettura piano solo di 28 brani rock, suonati per tanti anni con tastiere elettroniche, mi ha regalato una profonda gioia interiore. Viviamo di queste emozioni.

Hai mai pensato ad un video ufficiale di qualcuno di queste “nuove” composizioni?
Più che un video ufficiale, trattandosi di musica strumentale mi piace l’idea che qualche ascoltatore realizzi per YouTube la sua personale visione dei miei brani per pianoforte.