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RIVERDANCE musical sulla storia dell’Irlanda, nacque 25 anni fa circa, la musicale celtica con le sue contaminazioni è ancora attuale attraverso la musica pop.

di Emanuela Mari

Uno degli spettacoli che qualche tempo fa colpì la mia attenzione di artista di teatro e musicista, amante (tra l’altro) della tradizione musicale celtica, fu RIVERDANCE. Qualcuno sicuramente lo ricorderà, seppur in Italia ebbe minore fama rispetto al resto del mondo occidentale.

RIVERDANCE era un musical sulla storia dell’Irlanda attraverso le sue danze, i suoi strumenti, i suoi travolgenti ed emozionanti ritmi, le sue malinconiche e suggestive ballate, i suoi “lamenti”.

Nacque circa 25 anni fa, come operazione commerciale per rilanciare, soprattutto presso le giovani generazioni, le danze tradizionali irlandesi, in quel momento considerate antiquate e poco creative. Lo spettacolo conteneva, quindi, per la massima parte numeri di “reels” e “ jigs”,  contaminati però da altri generi (come il flamenco,  il tip-tap, danze tradizionali russe) e comprendenti pezzi di “bravado” (cioè momenti virtuosistici eseguiti da famosi e pluripremiati danzatori e danzatrici).

La presenza di un vasto gruppo di valentissimi ballerini, unitamente alla straordinaria bravura dei componenti dell’orchestra ed ai sapienti arrangiamenti dei brani, determinò il travolgente successo del musical e di chi lo aveva ideato, prodotto ed interpretato. Obiettivo raggiunto!

Jean Butler coreografa e attrice protagonista femminile principale di Riverdance. 

Usciamo ora dallo spettacolo, ed addentriamoci nell’antico ed affascinante mondo musicale celtico.

Chi ama l’Irlanda e l’ancestrale universo che la avvolge, sa che la musica è da sempre stata parte integrante della vita e della storia di quest’isola e dei suoi abitanti, fin dai tempi più antichi.

Ciò è testimoniato, tra l’altro, negli scritti contenuti nelle Brehon laws (leggi di Brehon, dall’irlandese “brithem” che significa giudice), un complesso sistema di giurisprudenza risalente a prima del IX secolo e che restò in uso fino al XVII secolo, nonostante l’invasione normanna e la dominazione inglese.

La conservazione e la divulgazione del patrimonio culturale e musicale dei popolo celtico era in mano ai bardi (poeti cantori particolarmente attivi nel Medioevo) che rendevano immortali storie ed avvenimenti, inventavano leggende, componevano canzoni e poesie.

I bardi erano persone molto colte, le cui conoscenze spaziavano attraverso scienza, astronomia, mitologia, antiche tradizioni. Essi erano inoltre fortemente legati alla profondità della Natura in ogni sua forma. Custodivano i miti, ed avevano grande potere sui regnanti, dei quali potevano determinare il successo o la sconfitta presso il loro popolo, decretandone encomio o disprezzo.

La loro formazione era lunga e faticosa, ma li portava ad una carriera ricca di soddisfazioni e privilegi. L’apprendistato durava sette anni, cioè il tempo necessario per raggiungere la totale padronanza della lingua.

Sulle antiche pietre sacre, o sulle croci disseminate su tutto il territorio irlandese e scozzese, troviamo statue, immagini e bassorilievi che testimoniano il loro talento ed abilità nella musica.

Le espressioni artistiche dei bardi non restarono solo in Irlanda ed in Scozia (per fortuna!) ma si diffusero anche in Europa continentale ad opera dei monaci irlandesi che, a partire dal V secolo d. C., divulgarono sia il ricco patrimonio della loro cultura, sia le melodie e i modi (cioè le scale) degli antichissimi canti celtici, influenzando in modo determinante il canto gregoriano e, da lì, tutta l’evoluzione successiva della nostra musica occidentale, sia sacra che profana.

Oggi siamo quanto mai immersi nella tradizione musicale celtica (anche se più o meno consapevolmente) soprattutto attraverso la musica pop e le sue “star” di calibro internazionale.