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L’alta gioielleria di Alfred Van Cleef, non solo gioielli ma vere e proprie opere d’arte la cui storia risale ai primi anni del 1900.

di Riccardo Bramante

Chi si reca a Parigi si troverà a passare prima o poi nella Place Vendome e, a pochi metri dal famoso hotel Ritz, vedrà una vetrina luccicante di ori e gemme è quella Van Cleef & Arpels. E’ qui che fu inaugurato nel 1906 un atelier di alta gioielleria da Alfred Van Cleef e da suo cognato Charles Arpels.

Il luogo e il momento erano stati ben calcolati: a seguito dell’Esposizione Universale del 1900 (il cui emblema resiste ancora oggi nella Torre Eiffel) Parigi era divenuta la destinazione preferita dell’aristocrazia russa famosa per la sua prodigalità, in ciò imitata dalle ricche signore americane con danarosi mariti al seguito.

La maison ebbe subito successo con le delicate creazioni in platino e diamanti che gareggiavano per femminilità con i leggeri e diafani merletti delle linee sinuose degli abiti dell’epoca.

Negli anni ’20, poi, anche sotto l’influenza delle recenti scoperte archeologiche egiziane di Lord Carnarvon e Howard Carter, furono creati gioielli con colori vivi e contrastanti uniti a particolari motivi geometrici che richiamavano appunto l’antica arte egizia.

Anche l’arte dell’Estremo Oriente, entrata allora in voga anche nella pittura, offrì numerose fonti di ispirazione reinterpretata attraverso i bracciali a fascia, negli smisurati pendenti sospesi a lunghe collane e in orecchini creati per enfatizzare abiti da sera lineari, trovando il loro culmine alla “Exposition Internationale des Arts Decoratifs” di Parigi nel 1925.

Loro clienti divennero i più bei nomi dell’aristocrazia dell’epoca, da Daisy Fellowes, una delle donne più eleganti e affascinanti di quel tempo, al Duca di Windsor, per il quale fu creato uno splendido bracciale in zaffiri e diamanti che l’ormai ex Re d’Inghilterra donò a Wally Simpson in occasione del loro matrimonio nel 1937, fino a un bracciale-scultura creato per la diva cinematografica Marlene Dietrich.

Dal punto di vista tecnico, molto importante fu la messa a punto di un procedimento di montatura delle pietre preziose conosciuto con il nome di “Senti Mysterieux”, cioè una montatura invisibile in cui zaffiri e rubini vengono montati l’uno vicino all’altro senza soluzione di continuità. Ancora oggi i gioielli creati con questa tecnica sono in produzione avendo adeguato soltanto le loro forme e misure ai mutamenti della moda.

Con la fine della Seconda Guerra Mondiale la produzione viene caratterizzata da una serie di spille colorate ed esuberanti a forma di fiocchi di neve, di uccelli e ballerine che divengono i gioielli più alla moda del tempo.

Negli anni ’50 Van Cleef&Arpels si mettono in competizione con i grandi “couturieres” nel creare opere dove l’oro era trattato come il più intricato dei merletti o il più morbido dei tessuti, il cui apice si ebbe con la collezione “ Tissusergè” del 1951.

Dagli anni ’60, coscienti dell’ampliamento della loro possibile clientela per il generale benessere crescente, la “maison” inizia ad offrire edizioni limitate di gioielli di stile e qualità a prezzi più accessibili ampliando la loro attività anche a orologi, borse e altri accessori femminili. E’ di questo periodo la collezione “Alhambra” contraddistinta dal fiore a quattro petali che rappresentano l’amore, la fortuna, la salute e la prosperità.

I suoi clienti si moltiplicano e tra i più famosi possiamo ricordare Grace Kelly, Ava Gardner, Liz Taylor, a cui Richard Burton regalò un anello con un rubino da otto carati contornato da diamanti e Soraya a cui lo Scià di Persia regalò il famoso “Collier Cordes” che riproduce in oro e diamanti la lavorazione di una corda.

Dopo oltre un secolo di creazioni originali, Van Cleef&Arpels è divenuto ormai un marchio internazionale con sedi in Europa, in America e negli Emirati arabi pur mantenendo una sua specificità e originalità.