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di Maddalena Menza

Ho incontrato la grande Diva della canzone napoletana e attrice in un’occasione conviviale, qualche giorno fa, in un piccolo ristorante alle spalle di via Veneto, dove Miranda Martino presentava il suo libro autobiografico Caduta in un gorgo di torbide passioni. L’autobiografia di una Diva della canzone italiana, pubblicato qualche anno fa dalla casa editrice Iacobelli, in cui racconta, con grande ironia e un linguaggio diretto e franco, tutte le sue peripezie artistiche e di vita. Una vita che è stata una bella avventura, per una ragazza di provincia, del nord, per la precisione di Moggio Udinese in provincia di Udine, classe 1933, di origine napoletana, che prova sulla sua pelle la grande paura dei bombardamenti della seconda Guerra Mondiale a Padova. Poi, a 7 anni, si trasferisce a Roma, dove, anche grazie alla sorella Adriana, cantante lirica, sfonda nel mondo della canzone e diventa un mito della canzone napoletana nell’Italia del boom economico. L’esordio nel 1955 al Festival di Sanremo e poi nel 1960 al Festival di New York, poi Miranda Martino si avvicina al teatro, al cinema ma anche alla pubblicità del Carosello e i si dedica alla recitazione teatrale lavorando con personalità del calibro di Erminio Macario e Nino Taranto e anche al cinema, interpretando due film con il grande Totò.

Ma veniamo alle domande. Prima di tutto sono onoratissima di poter incontrare un mito della canzone napoletana. Ma, mi tolga una curiosità. Perché ha scelto questo titolo per il suo libro?

Era una frase che mi ripeteva mia madre da giovane, per sottolineare la mia   tendenza a farmi trascinare in storie sentimentali molto passionali.  Ho avuto quattro mariti, due proprio ufficiali Ivano Davoli, giornalista e attore, di cui non ero proprio innamorata, ma che è ho sposato per divenire “signora”, essere difesa, cosa che non è avvenuta e l’attore Gino Lavagetto da cui ho avuto un figlio Fiodor e altri due, ufficiosi. Ho scritto questo libro perché volevo liberarmi dai “fantasmi” del passato e raccontare tutta la verità. Sono successe cose molto gravi nella mia vita. Uno dei miei uomini ha fatto una cosa molto brutta nei miei confronti. Mi ha fotografata, mentre facevamo l’amore e poi ha fatto circolare le fotografie alla RAI e non ho più potuto lavorare alla radio, in quanto i miei dischi non li mettevano più e, solo per l’intervento dell’allora Presidente della RAI, Ettore Bernabei, ho ripreso a lavorare.  Non so perché l’abbia fatto, ero la donna che amava! Sono stata molto male e, per due anni, non ho quasi mangiato, poi, un amico del mio compagno, impietosito, mi ha portato i negativi che ho immediatamente distrutto.

Può darsi ci sia stato un motivo economico.

L’ha fatto con leggerezza, non lo so, un uomo che mi amava.  Sono molto fiera di aver pubblicato questo libro perché è fatto molto bene. C’è una parte in cui sono contenute tutte le mie attività artistiche sia al cinema, che in teatro e in televisione: tutta la mia bella carriera che mi sono costruita da sola perché non ho avuto mai nessuno che mi abbia aiutato. Anche se mi sono sposata, nessuno dei miei uomini mi ha mai dato una mano. Nel libro poi ci sono delle belle foto con Enzo Tortora, Marco Pannella, la mia amica Mina, Adriano Celentano e così via e lo dovete proprio leggere.

Uno dei suoi “fantasmi” di cui scrive nel libro, riguarda il celebre Enzo Mirigliani, Patron di Miss Italia.

Purtroppo è calabrese Enzo Mirigliani. La storia è questa. Io abitavo a Piazza Carpegna e volevo vendere la casa perché, vicino a me, c’era un pastore con le mucche che facevano rumore di notte. Io non riuscivo a dormire e ne avevo bisogno perché facevo molte serate, ho scavalcato le montagne si può dire. Ho quindi deciso di vendere la casa e il signor Carta, un altro calabrese, si doveva occupare della vendita. Allora siamo andati in un residence e Mirigliani mi ha chiamato dicendo che l’avrebbe voluta comprare e mi avrebbe dato subito tutti i soldi dell’appartamento.  Sono andata all’appuntamento con il signor Carta perché dovevo scrivere tutte le cose che si vendevano. Ho sempre fatto tutto da sola per la mia “follia”, invece sarei dovuta andare da un avvocato che mi avrebbe tutelato. Abbiamo scritto tutto quanto. Però, prima, ho detto ad Enzo che avrei comprato un’altra casa ma nel frattempo gli avrei lasciato i quadri di valore, il pianoforte, i premi, l’argenteria e la biancheria. Poi, dopo, sarei ritornata a prenderle. E lui mi risponde di stare tranquilla e di non preoccuparmi. Invece, quando ho comprato la nuova casa e sono ritornata da lui sempre senza avvocato, invece di darmi miei quadri di valore (di Guttuso, Vespignani, Rosai) mi ha dato i 9 quadri del povero regista Gianni Puccini, che erano delle croste. Me li aveva dati il regista perché, all’inizio, doveva fare un film con me ma è morto al primo giro di manovella.

Mirigliani mi ha risposto che nell’elenco non erano precisati i quadri così poteva scegliere liberamente. Sono diventata pazza, ho aperto la finestra gridando al ladro, gli ho sputato addosso, niente. Dopo un po’ di tempo, ho incontrato Enzo Berri.  Mi faceva tanto ridere, era un presentatore napoletano con la zeppola in bocca, molto divertente. Gli racconto tutta la storia e lui mi dice: “Gesù, devi parlare co’ Malommo, chello spara e se ne va”. In quel momento, anche se ero arrabbiatissima, comincio a ridere.  Poi ci rifletto e ascolto il suo consiglio. Antonio Spavone, questo il vero nome do’ Malommo, era un camorrista, però una sorta di Robin Hood, che dava aiuto ai poveri, siamo nel 1970. Enzo mi dice di andare a Napoli, al Jolly Hotel per risolvere con lui la situazione. Vado ed arriva quest’ uomo bello, alto, elegante, con il panama in testa, vestito di bianco. Sono rimasta a bocca aperta.  Mi dice così: “Signora Martino vada a denunciare il furto di questi quadri, ma se la denuncia non va a buon fine, io l’aiuterò”. Lui aveva ucciso l’assassino del fratello, quando aveva 18 anni. Avrebbe dovuto fare 30 anni di carcere poi, mentre era nel carcere di Firenze durante l’alluvione del 1966, ha salvato la figlia del direttore del carcere, tre compagni di cella e due agenti di custodia oltre a difendere le donne da tentativi di violenza, così   gli hanno tolto 10 anni di pena ed ì è uscito. Poveretto, non era un camorrista vero e proprio quando è entrato in carcere, poi con tutte le cose che ti capitano lì, le cose cambiano e ti trasformano. Però neanche O Malommo mi ha aiutato a recuperare la refurtiva.  Ho recuperato solo due quadri. Una volta, ho dovuto pure nascondere o Malommo nella mansarda. Quando è arrivato con il basco, sembrava un Malommo vero. M i ha regalato un televisore e altri oggetti. Una volta mi hanno chiamato i suoi scagnozzi dicendomi che mi voleva parlare perché si sentiva solo.  Un’altra volta mi voleva sentir cantare ed io sono andata a Napoli e lì si è esibito pure Peppino Gagliardi. Poi O Malommo è sfuggito ad un agguato ed è stato deturpato al volto. Così è andato a Chicago dove ha subito numerosi interventi chirurgici.  Insomma, una vita movimentata!

Ritornando alla sua carriera, so che è stata una delle prime Dive a fare la pubblicità nel Carosello.

Sì, ho fatto 20 caroselli della pubblicità dei biscotti Doria con il ballerino Gianni Brezza, marito d Loretta Goggi. Ho guadagnato venti milioni di lire dell’epoca, ma non so che fine abbiano fatto.

Sono d’origine napoletana e anche dopo il racconto del Malommo, rivendico le mie radici. Volevo chiederle quale sia stato il rapporto con la canzone napoletana, visto che lei ha cantato a diversi festival ma è una donna del nord. Mi può raccontare la sua esperienza?

Sì infatti sono nata in provincia di Udine. Mio padre era napoletano e amava la canzone napoletana, suonava ad orecchio il violino. Canzoni appassionate come Io te vurria vasà e io le ho imparate tutte. Allora, quando ho sostenuto il concorso con l’RCA, l’ho vinto e contemporaneamente sono stata bocciata al quarto magistrale.  Mi è andata bene! Al concorso partecipavano ventimila cantanti e ne dovevano scegliere 15. All’ultima selezione che si doveva fare, non mi hanno chiamato per cantare ancora. Allora sono andata a casa e ho detto a mia madre (perché mio padre non voleva che cantassi) che sarei andata al cinema, di fronte casa. Poi, mentre ero immersa nella storia del film, mi sento chiamare nel buio. Erano mia madre e mia sorella Adriana, la cantante lirica e mi dicevano “Ti hanno richiamato”, come fossi un soldato. Ho cantato la canzone Mi specchio nel ciel, un successo di Doris Day. Non avevo paura, non me ne importava più niente perché ormai avevo capito che non mi prendevano e invece… la quindicesima voce sono stata io.

Brava!  Nel libro si parla pure dell’esperienza teatrale con Erminio Macario.

Dopo aver fatto 3 Festival di Sanremo, l’ultimo nel 1961 e 4 festival di Napoli e aver constatato che non arrivavo mai in finale ed era tutto previsto, ho deciso di non partecipare più ai Festival.
Comunque, quando Macario e Nino Taranto mi chiamarono per fare Masaniello in teatro, per me era la prima volta che recitavo, cantavo e ballavo. Il ballo era la cosa più bella perché io adoravo ballare e lo sapevo fare molto bene. Recitare in prosa non l’avevo mai fatto ed ero preoccupata. Mi fanno il contratto e cominciamo le prove per un mese intero. C’erano 40 persone i n questo spettacolo e, contemporaneamente, Domenico Modugno faceva Masaniello con Liana Orfei, che era brutitssimo. Il nostro invece era molto allegro perché Macario voleva far ridere.

Masaniello era un personaggio che si è battuto per la libertà del popolo napoletano, poi ha fatto una brutta fine, tanto allegro non era.

Sì, lo so ma Macario voleva soprattutto far ridere. Alla prima al Teatro Nuovo di Milano, quando dovevo entrare in scena con una canzone drammatica, mi accorgo che la gente rideva. Io non capivo perché, poi mi sono accorta che Macario faceva le boccacce. Quindi, al termine della recita, sono andata a parlargli e le ho detto di non farlo più. Però un’altra volta, improvvisamente mi ha tolto una parte del vestito e sono rimasta seminuda. Un altro scherzo da prete!

Insomma, una vita avventurosa e tanta voglia di raccontarsi. Brava Miranda Martino. Aspettiamo i prossimi progetti!