Nella ricorrenza dei 100 anni dalla sua prima visita a Roma una mostra delle opere dell’artista olandese
Nel 2023 ricorrono i 100 anni dalla prima visita di Escher a Roma avvenuta nel 1923. La Capitale lo festeggia a Palazzo Bonaparte in piazza Venezia con una mostra che farà storia. Ben 300 creazioni dell’olandese saranno esposte fino al 1 aprile 2024… e non è uno scherzo!
Piazza Venezia accoglie l’artista del mutamento graduale, dell’evoluzione, delle metamorfosi e della tassellatura. Un’arte ipnotica, che accompagna l’occhio del visitatore da un soggetto ad un altro del tutto diverso, senza nessuno sconvolgimento, quasi come in un una normale dinamica evolutiva.
Piazza Venezia aveva già ospitato Escher nella sua prima esposizione personale in Italia nel 1926 e poi ancora, prima di trasferirsi in Svizzera, nel 1935. A quei tempi la piazza, che ha segnato il destino del giovane artista, aveva già subito grandi sconvolgimenti epocali, che ne avevano stravolto la fisionomia, come ad esempio la costruzione del Vittoriano. Il monumento, costruito da Giuseppe Sacconi dal 1885 al 1911, viene ora chiamato poco affettuosamente dai Romani la “Macchina da scrivere”. Per edificarlo allora fu abbattuto un quartiere con monumenti storici come il Palazzo Frangipane-Vincenzi, il Palazzo Bolognetti-Torlonia, la Torre di papa Paolo III e il Convento Francescano dell’Ara Coeli. Escher la vide allora come la vediamo noi e vide anche il palazzo Bonaparte, divenuto di proprietà dei marchesi Misciatelli. La piazza doveva davvero sembrargli moderna e affascinante, almeno fino a quando non fu invasa da folle osannanti con i volti rivolti verso un balcone.
Nella mostra molte sono le fotografie d’epoca che ritraggono Escher con la famiglia a Roma e nelle località italiane del suo tour.
Frequenti sono inoltre le installazioni immersive che offrono esperienze coinvolgenti e procurano originali illusioni. La mostra permette di calarsi davvero nell’arte di Escher e di interagire con le sue opere, anche apparendo in esse al posto dell’artista o entrando nelle stanze della relatività, dove le proporzioni vengono falsate e l’apparenza ci illude.
L’illuminazione, molto importante per restituire gli effetti visivi prodotti dalle opere, è predisposta con cura e sono presenti molte spiegazioni sulla sua tecnica adoperata, sugli strumenti, sulle simmetrie, sulle sue invenzioni. Tramite rappresentazioni dinamiche si viaggia addirittura all’interno delle opere, rincorrendo il viaggio creativo dell’artista.
Commovente il suo amore per l’Italia (“questo posto benedetto”) e soprattutto per Roma. Nella mostra viene addirittura riprodotto il suo studio nella casa di Roma nel quartiere di Monteverde, dove visse fino al 1935, quando, con l’avvento del fascismo, decise di trasferirsi in Svizzera.
Sviluppò la sua tecnica artistica nella capitale, dove disegnava volentieri di notte, ritenendo che i tratti dei monumenti fossero meglio evidenziati con una torcia che dalla luce del giorno. Il visitatore potrà ammirare le dodici xilografie del 1934 dal titolo “Roma Notturna”.
Influssi particolari sulla sua opera sono dovuti, oltre alla sua maestria tecnica e all’amore per la matematica, anche dalla “tassellazione”, tecnica approfondita nel viaggio in Spagna. Visitando il maestoso Palazzo dell’Alhambra in Andalusia a Granada, studiò l’arte araba e il ricorrere delle figure geometriche.
La tassellazione è appunto alla base delle metamorfosi di Escher. Egli la utilizza per gestire la trasformazione delle immagini, attraverso schemi geometrici e simmetrie. Spesso le opere completano la transizione riproponendo alla fine l’immagine iniziale, creando così un ciclo infinito.
La mostra, infine, ci conferma che Escher è ancora fonte d’ispirazione e continua ad accompagnarci nella quotidianità. Spesso osserviamo, a volte senza accorgercene, i suoi paradossi di simmetria e geometria nelle pubblicità, nella moda, nel design, nei fumetti e in molti dei film che vengono prodotti.
In conclusione possiamo dire che in Escher si mescolano arte, matematica, geometria, scienza, fisica, grafica, design, architettura e più di un pizzico di follia. Proprio quest’ultimo è forse l’ingrediente più importante per riuscire a parlare ad un pubblico così vasto. Le sue opere sono difficilmente classificabili nel panorama della storia dell’arte e forse per questo possiamo dire che la sua opera rappresenta un unicum da rivivere quotidianamente.
“Adoriamo il caos perché ci piace riprodurre l’ordine” (Maurits Cornelis Escher)