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Abbiamo intervistato Roberto Padovan e Francesca De Mori, reduci dalla pubblicazione del loro nuovo lavoro “Painting the Beatles”. La pubblicazione arriva a 60 anni esatti dalla pubblicazione del primo singolo della band londinese “Love me do”. Non una coincidenza ma un modo per celebrarli.

Roberto Padovan è produttore, arrangiatore, compositore e pianista con una notevole esperienza tanto da creare con questo disco una sorta di indefinibile cromo-pop. Francesca De Mori è una vocalist strepitosa anche lei dalla lunga esperienza. Ma conosciamoli meglio attraverso le loro risposte.

Bentrovati e grazie per questa intervista. Parliamo subito del disco, uscito da poco. Che riscontri state ricevendo?
Grazie a Voi per questa opportunità. I riscontri sono ottimi, anche se è da poco che il disco è on line, abbiamo già ricevuto la richiesta per poter trasmettere i brani da due radio inglesi e una americana, questo ci rende molto felici.

Com’è nata l’idea di una rilettura dei brani dei Beatles?
Il progetto era in cantiere da parecchio tempo, da appassionato della loro musica ho sempre pensato che le loro canzoni fossero le più adatte ad essere riproposte in una chiave diversa dall’originale senza però perdere la loro energia. Mancava solo l’interprete adatta, poi è arrivata Francesca De Mori che ha accettato con entusiasmo e così i lavori sono iniziati.

Possiamo considerare questo disco come una cerniera che unisce passato e presente?
Sicuramente, sono proprio i brani in se che hanno questa caratteristica. Canzoni scritte una cinquantina di anni fa che ri-arrangiate e interpretate in un modo diverso, sembrano scritte oggi.

Come avete definito il titolo?
Abbiamo pensato di avere davanti dei bellissimi disegni in bianco e nero sui quali abbiamo applicato dei colori, abbiamo “colorato” i Beatles, quindi “Painting the Beatles”.

Oltre ai Beatles che vi hanno ispirato per questo lavoro, c’è qualche artista di oggi che Vi emoziona particolarmente?
Più che di artisti preferiamo parlare di generi musicali, personalmente sono amante del jazz ma lavorando come arrangiatore mi piace seguire la musica a 360 gradi ed assorbire il più possibile. Francesca è molto interessata alla musica per meditazione e di guarigione. Lei oltre ad usare la sua voce, suona anche le campane Tibetane.

Se doveste sintetizzare con una frase, quale usereste per esprimere cosa è per Voi la musica?
Una frase che esprime in modo piuttosto profondo questo concetto è stata scritta da J. S. Bach, compositore “assoluto” del passato:” La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori…”

Una domanda specifica per Roberto a cui chiediamo quali sono le difficoltà più insidiose che si nascondono dietro un arrangiamento?
Sono molte, fare un arrangiamento significa essere sempre in un equilibrio precario fra mettere e togliere…Bisogna creare una base solida per innalzare il brano, per valorizzarlo il più possibile, ma anche stare molto attenti a non soffocarlo con troppa roba. Bisogna essere sempre disposti a togliere ciò che all’inizio del lavoro ci sembra buono, ma poi magari diventa superfluo.

State già lavorando ad altri progetti da regalare prossimamente al pubblico?
Adesso è un po’ presto per parlarne ma per fortuna le idee non ci mancano, quindi ci saranno sicuramente nuovi progetti.