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Si apre la terza settimana dell’anno e gli spettacoli al TBM si concentrano sui registri civili e non. Dal 16 al 22 gennaio la platea sarà coinvolta nelle atmosfere della Shoah, per ricordare il massacro degli ebrei, nel turbinio sensuale de “La Chiave” e in una commedia semiseria dai toni esilaranti

Il sipario del TBM si è aperto questa settimana con “Cronache dalla Shoah – Filastrocche della nera luce” per due serate: martedì 17 e mercoledì 18 gennaio.

Lo spettacolo, per la regia di Livio Galassi, è scritto dal noto autore romano Giuseppe Manfridi. Le musiche eseguite dal vivo da Andrea di Pilla (tromba) e Alessio Scialò (piano), accompagnano l’interprete Manuele Morgese durante l’esibizione.

Quest’ultimo si cala nei panni di più personaggi testimoni e narratori dei terribili e drammatici episodi legati alla Shoah, durante il periodo della seconda guerra mondiale. La voce dell’attore, attraverso le filastrocche di nera luce, si fonde quindi alla musica della tromba e del pianoforte. La rappresentazione si può così considerare un’esecuzione polifonica, un “canto recitato” a più voci e a più personaggi.

Tutto è stato detto ma molto resta ancora da dire: esaurite le più atroci parole a descrivere l’orrore del più abominevole crimine che la storia ricordi, non esistono parole per comprenderne il recondito perché. Basta il cupo odio che, intatto, ha attraversato i secoli fino a noi, fomentato da una religione che si è impossessata del dio di Israele per reinventarlo a suo pro, perseguitando chi non si piegava alle sue manomissioni e che, inoltre, voleva conservare integre le proprie antiche credenze, i propri miti, la propria appartenenza, la propria – pericolosa – “diversità”?

Forse un fondo di nera frustrazione ha irritato e ingelosito il confronto con un popolo che sempre si è nobilmente rialzato dai reiterati soprusi, aggrappandosi fiero alla sua antica e mai rinnegata cultura. Mi chiedo, vi chiedo – e lo chiedo soprattutto alla gretta imbecillità degli antisemiti: se togliamo alla storia del mondo -­ religiosa, etica, sociale, scientifica – degli ebrei Mosheh, ‘Abhrahm, Yehoshua ben Yosef, Marx, Freud, Einstein, che ne sarebbe? E come spiegare e giustificare il complice silenzio di tutti? Di tutti quelli che sapevano, che intuivano, e che potevano incidere con il loro potere?

Con quale inaudita impudenza si può testimoniare l’avvenuta ascesa in cielo di una madre vergine, e non la contemporanea caduta di milioni di innocenti negli abissi della umana abiezione? Anche dalla Tiburtina, da una stazione nella città del Cristo in terra, partivano i treni per lo sterminio senza che nessun anatema li arrestasse. Collaboratore alla regia: Manuele Morgese; Produzione: Teatro Zeta dell’Aquila e Teatro Nazionale della Toscana.

Con il sostegno del MIUR, Ministero dell’Istruzione – dir. Gen. dello studente

“La Chiave” segue da giovedì 19 a sabato 21 gennaio. Ispirata all’omonimo testo di Jun’ichiro Tanizaki, la pièce è un adattamento teatrale per la regia di Tiziana Biscontini, in cui Rosmunda D’Amico e Fausto Cassi vestono i panni dei protagonisti. Una chiave lasciata in bella vista chiude il cassetto dove Alberto nasconde il suo diario contenente tutti quei desideri carnali che non ha mai osato confessare a Iris.

Alberto desidera disperatamente che sua moglie legga il suo diario, per farle conoscere le sue fantasie, i suoi più nascosti pensieri, le sue perversioni. Alberto è un uomo con fantasie molto particolari: è molto innamorato di sua moglie, donna passionale e lussuriosa, la quale però non riesce a soddisfare le proprie pulsioni con lui che non ha mai amato.

I due personaggi non comunicano tra loro e di conseguenza i loro diari diventano un modo indiretto per potersi dire cose che non riuscirebbero a dirsi a voce. In realtà, se il coniuge legga il diario dell’altra è del tutto irrilevante, è importante invece il meccanismo che si innesca nelle menti dei due protagonisti. Alberto è un feticista, ama osservare e fotografare nei minimi dettagli il corpo nudo di Iris mentre dorme profondamente. È un uomo che sta invecchiando e soffre nel non poter soddisfare le esigenze della giovane moglie e allora, quale miglior afrodisiaco, per lui, della gelosia?

E qui entra in gioco Carlo, elemento chiave di tutta la rappresentazione che, per scelta registica, non compare mai sulla scena. “La chiave” è una vicenda sensuale, torbida, a tratti anche tragica, ma densa di ironia. Il clima musicale anni ’40 crea un’atmosfera di leggerezza, anche scenografica e di costume.

Abiti di scena: Sylwia Dombrowska; Elementi scenografici: Antico Rigattiere Chieti (Abruzzo); Foto di scena: Associazione Culturale FotografiAmo; Produzione: Associazione Culturale Il Salto

Venerdì 20sabato 21 e domenica 22 gennaio è la volta de “Il sequestro” di Fran Nortes con traduzione di Piero Pasqua e la regia di Rosario Lisma. Con Roberto CiufoliNino FormicolaSarah BiacchiDaniele Marmi e Alessandra Frabetti, lo spettacolo racconta di un mercato rionale che non può chiudere.

Per sventare la speculazione edilizia, che metterebbe sulla strada decine di famiglie, Paolo, il protagonista, pensa di sequestrare il giovane Angelo, figlio dell’autorità che si accinge a firmare il decreto. Ma non ha calcolato l’intraprendenza della vulcanica sorella Monica e l’ingenua sventatezza del cognato Mauro, il quale garantisce un’inarrestabile serie di esilaranti equivoci e fraintendimenti. E se la ministra è sicuramente una cinica farabutta, c’è chi si rivela anche peggio di lei.

Lo scopriranno presto i volenterosi, ma sgangherati interpreti di questa perfetta macchina teatrale. Dunque, come si può far ridere raccontando un dramma? Come si può denunciare un’emergenza in una commedia comica? Eppure Fran Nortes, con il suo testo spericolato e geniale, c’è riuscito. I temi che tratta sono tutt’altro che divertenti: rappresentano il dolore e la frustrazione che troppo spesso subisce la working class della nostra società capitalista, sazia e distratta.

Un vaudeville in una denuncia, la farsa esilarante in un racconto di lotta. È ciò che accade in questa commedia, i cui protagonisti sono schiacciati da una grave ingiustizia. Il potere politico ed economico, cinico e disonesto, troppo più grande di loro, li scarta come non esistessero.

Ma i nostri eroi, buffi e storti come fiori sradicati, attivano la loro ribellione disperata per provare a rimettere radici e rifiorire. Alla riconquista della parola più preziosa per sé e per gli altri, che sempre bisognerebbe difendere con le unghie e con i denti: la dignità. Scena: Laura Benzi; Costumi: Sandra Cardini; Light designer: Francesco Bàrbera; Foto: Tommaso Le Pera; Grafica: David Qwistgaard; Aiuto regia: Silvia Ponzo; Assistente alla regia: Rebecca Righetti; Assistente alla scena: Sara Stachezzini; Assistente ai costumi: Thiago Marcondes; Distribuzione: Stefano Pironti * Lia Zinno; Produzione: PipaMar | La Bilancia.