Demon Galgut presenta il suo ultimo lavoro “La promessa”.

di Riccardo Bramante

Ospite d’onore del Festival “Libri come” tenutosi recentemente all’Auditorium della Musica a Roma è stato lo scrittore sudafricano Demon Galgut che ha presentato il suo ultimo lavoro “La promessa”, con cui ha vinto nel 2021 il prestigioso Booker Prize inglese.

Si tratta di una sorta di saga familiare moderna, quella della famiglia Swart. Parte dal 1986 e si sviluppa nel corso di trenta anni in un Sudafrica alle prese con il superamento dell’apartheid. In un certo senso, Galgut sovrappone la storia collettiva del Paese a quella della famiglia Swart. Rappresenta, attraverso i tre figli, i diversi aspetti della difficile transizione.

C’è il maggiore, Anton, sognatore frustrato dalla impossibilità di realizzare i suoi sogni. Astrid che conta solo sulla sua bellezza e la più giovane, Amor, la sola che, pur avendo soltanto 13 anni, sembra essere quella maggiormente consapevole dei cambiamenti in atto. Tanto da essere l’unica a parlare con la domestica nera, Salomè, altrimenti invisibile e muta in una Nazione alle prese con un cambiamento epocale.

E’ proprio questo il filo conduttore del libro: la promessa non mantenuta, neanche dopo trenta anni, della concreta realizzazione della fine dell’apartheid. Scopo dell’autore, infatti, è descrivere questo passaggio vedendolo attraverso gli occhi dei sudafricani bianchi. Questi si trovano, spesso loro malgrado, a dover cedere parte del loro potere e dei loro privilegi ai neri, rappresentati in particolare da Nelson Mandela.

In definitiva, è la storia del tradimento di una promessa. Quella di creare un Paese completamente diverso in cui tutti avrebbero avuto l’opportunità di cambiare il loro status sociale ed economico.  Tutto, invece, si riduce, secondo Galgut, ad una indubbia maggiore libertà di espressione che però si ferma sulla soglia dello scontro senza toccare le divisioni razziali, economiche e di classe ancora persistenti.

Anche se lontana dalla veemenza degli analoghi scritti della connazionale Nadine Gordimer, la narrazione si dipana con scioltezza attraverso i dialoghi integrati al testo senza corsivi o virgolette e spesso diversificando i contrapposti punti di vista senza, però, comprometterne la lettura scorrevole, secondo i nuovi tempi della narrativa sudafricana.

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