Come promesso e senza troppo attendere. Eccovi l’intervista agli Smania Uagliuns, ecco il nostro focus sul nuovo singolo “Basilicata” che tra ironia e allegorie sociali, illumina il cuore di una bellezza tutta italiana. Ed è un ritorno a casa, per il loro suono, per la loro musica…

Si gira il mondo ma poi si torna a casa. Qual è davvero il significato di tutto questo?
Abbiamo girato il globo e i nostri “Travel Experiment” lo testimoniano, ma portando sempre con noi un enorme bagaglio e senso di appartenenza. Viceversa abbiamo sempre tentato di portare la nostra lucanità bizzarra nel mondo. Per poter portare qualcosa di bello a casa, bisogna uscire e vivere fuori, apprendere, studiare, sperimentare. Vorremmo diventare dei piccoli ambasciatori lucani alternativi e ci definiamo lucani di origine, ma cittadini dell’Agromondo.

E questo “ritorno a casa”… in che modo “tornate”? Con quale bagaglio?
Torniamo, sì, ma non abbiamo intenzione di fermarci, la stasi e la ripetizione non è nelle nostre corde. “Torniamo” con una bagaglio di musica, live in giro per l’Italia, dischi, piccoli e grandi successi, sconfitte, con tanta vita vera vissuta, crisi e lotta per portare avanti la band, voglia di lottare sempre, ripartire e non fermarsi mai e con l’amore di chi torna e apprezza doppiamente la bellezza di ciò che ha e della terra unica da cui proviene. Torniamo con tante cose negli occhi e nel cuore e molta gratitudine e fame di andare avanti ed esplorare.

BASILICATA

Parliamo del suono di “Basilicata”: mi sarei atteso qualcosa che arrivasse più dalla tradizione… e invece avete lasciato che musicalmente il brano fosse apolide, internazionale… comunque senza patria, o sbaglio?
Hai centrato assolutamente. La tradizione ancestrale è nelle nostre vene, ma la tramutiamo in altro, in nuovo. È stato sempre fondamentale per noi dire la nostra, col nostro linguaggio, sperimentando e andando oltre stilemi e generi, dunque il nostro mondo è fatto di mille sfaccettature, influenze e suoni e ciò viene poi rimescolato e tramutato in una musica che in qualche modo è solo nostra. Quindi black, suoni elettronici, soul, hip hop, una miscela che qualche tempo fa ci divertimmo a chiamare Rural Funk, una musica che viene dalla Basilicata, ma che si forgia nella galassia.

Bello il video: allegorico, figurativo, scanzonato… quanto c’è di politico e di sociale dentro?
Fare musica ed arte è politico e sociale di per sé, a nostro avviso, in quanto è qualcosa che va oltre il sistema prestabilito e il programma mainstream, dunque ribelle. Creare è politico. Oltre a ciò, di sociale e “impegnato” c’è la sincerità con cui descriviamo alcune cose, in maniera ironica, sì, ma anche con punte amare e schiette, i lati belli, ma anche quelli più tristi e avvilenti. Spopolamento, mancanza di risorse, frustrazione, ma anche voglia di risorgere, valorizzare il patrimonio e la bellezza sconfinata che si ha ed affermare la propria fortissima identità, varietà e diversità, contro l’appiattimento generale. Si vuole inoltre porre l’accento sull’importanza del territorio, dell’ambiente, della natura e della socialità, armi contro l’alienazione e la crisi generazionale e la mancanza di comunicazione tra umani.