L’avevamo conosciuto nel suo progetto The Spleen Orchestra, l’avevamo visto rimaneggiare il potere visionario di Tim Burton dentro sonorità che avevano poco dell’abitudine pop che oggi invece permea questo lavoro personale. Odorico Del Corso firma in prima persona queste nuove canzoni dentro un disco dal titolo “Quando chiudi gli occhi”, lavoro di una certa misura di emancipazione, quando a questa parola non dobbiamo per forza associarci una evoluzione di stile e di forma. Anzi: emanciparsi qui prende direzioni alte, più inclini alla maturazione e alla consapevolezza che all’estro e al coraggio di nuove avventure.

Niente di nuovo dunque dentro un disco che sa giocarsi come unica carta quella della quiete umana e spirituale dentro cliché classici della canzone d’autore. Da De Gregori al più giovane (in carriera) Tommaso Talarico di cui ricorda anche la timbrica vocale e quel certo modo di cadenzare la lirica. Se in brani come “7 Maggio” Del Corso riesce anche a trovare una forma ricorsiva di inciso da renderlo abbastanza efficace, nella chiusa della tracklist affidata a “Come nessuno” invece si concede anche alle ballate noir di un “ragtime” (se così posso chiamarlo) di una Italia antica. Ci piace poco questo colore frizzante che ha il riverbero della sua voce, che probabilmente proprio in questo brano dai periodi più ostinati, vien fuori maggiormente. Una parola pulita, moderna ma non modaiola, una lirica misurata che canta l’amore e le sue tante soluzioni. Un leggero abbandono melodico come in “Io e la mia fantasia” che tradisce anche una strana registrazione di voce, più secca e meno curata nell’estetica forse, quasi scollata dal resto del brano… soluzione che però nell’insieme sembra funzionare.
“Quando chiudi gli occhi” non è certo il disco dell’innovazione, non è il disco della ricerca. Sembra un punto distante anni luce, forse l’altro estremo a cui tendere visto il trascorso con la Spleen Orchestra. In mezzo arriverà altro? Staremo a vedere…