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Un uomo scomodo: Aldo Moro, tra mistero e incertezze

di Sabina Fattibene

Sono a Roma da 40 anni e da dodici anni abito con la famiglia in via Mario Fani, una strada segnata da un evento che ha sconvolto e segnato la storia politica italiana, avvenuto il 16 Marzo del 1978, il sequestro di Aldo Moro e l’uccisione della scorta.

Chi abita in questa strada dal tempo dell’attentato sente ancora le raffiche di mitra risuonare nelle orecchie, io che ci sono arrivata dopo, ugualmente capto una sensazione particolarmente suggestiva percepisco angoscia, tristezza, malessere, specie quando passo davanti al monumento ai caduti.

Lì dove è avvenuta la strage è stato costruito un monumento in travertino largo circa tre metri, con tre grandi lastre, nella lastra centrale vi è una stele in bronzo con frattura obliqua, che simboleggia le vite spezzate dall’attacco terroristico, sulle lastre laterali sono incisi i nomi dei caduti. Ogni volta che ricorre la data della strage la strada si blocca per le autorità che vengono ad onorare i caduti con la loro presenza.

Atti vandalici verso il monumento

Per non parlare degli atti vandalici verso il monumento, una scritta fatta con lo spray “A morte le Guardie” e una svastica. Questo fa pensare che anche oggi ci sono elementi che approvano l’eccidio e metterebbero a morte tutti coloro che sono parte delle istituzioni, teste calde che covano odio.
Luca Moro nipote dello statista ucciso ha dichiarato circa le scritte “L’odio può essere affrontato e vinto definitivamente solo con l’amore. Un mondo privo di esempi porta inevitabilmente al Caos”.
La primogenita Maria Fida Moro parlando del figlio Luca dichiara che “Luca da piccolo, riferendosi alla targa commemorativa che fu messa nel punto della strage, si dispiaceva di vedere i fiori calpestati e i barattoli che fungevano da vasi ribaltati. Ma Luca aveva fatto in tempo a recepire l’esempio di bontà di suo nonno. Dal canto mio voglio riportare una massima di un anonimo del 600 che piaceva a papà.: Il male fiorisce dove chi non fa il bene”.

Progetto troppo innovativo

La storia del rapimento con l’uccisione e ritrovamento del cadavere di Aldo Moro ha lasciato tante incertezze. Oggi, dopo 45 anni, vorremmo capire quale sia la verità. Il fatto è che Aldo Moro aveva un progetto troppo innovativo per la politica. Un progetto non benaccetto sia dal capo del governo Giulio Andreotti, che dal ministro Francesco Cossiga, anzi a loro dava fastidio.

All’epoca la Democrazia Cristiana era già in coalizione con il PSI PSDI PRI, rimaneva fuori il PCI. Il progetto Moro era di fare entrare in coalizione anche la sinistra. Era il Compromesso Storico tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista. Come dire il sacro e profano, il diavolo e l’acqua santa.

Per Moro questa alleanza poteva mettere al riparo la Democrazia Cristiana dalla strategia della tensione che insanguinava il Paese dal 1969. Ancor di più se ne convinse quando sentì Berlinguer, segretario del partito Comunista, dichiarare nei suoi interventi pubblici, l’indipendenza dei comunisti italiani dall’Unione Sovietica. Ma questo progetto di unità partitica creava soprattutto malumori a Washington.

Luci ed ombre

Nel 2009 ad un giornale viene recapitata una lettera anonima scritta da un poliziotto prima di morire: “Quando riceverete questa lettera, saranno trascorsi almeno sei mesi dalla mia morte come da mie disposizioni. Ho passato la vita nel rimorso di quanto ho fatto e di quanto non ho fatto e cioè raccontare la verità su certi fatti. Ora è tardi, il cancro mi sta divorando. La mattina del 16 marzo ero su di una moto e operavo per i servizi segreti con me alla guida della moto un altro uomo proveniente come me da Torino; il nostro compito era quello di proteggere le Br nella loro azione da disturbi di qualsiasi genere” che la mattina del 16 marzo era proprio in via Fani, il luogo del rapimento, non è stato un caso.

C’è da dire anche che due brigatisti non furono mai catturati. Su uno di loro ricade tra l’altro il sospetto che potesse essere un infiltrato dei servizi segreti. Poi nonostante i 13 mila agenti di polizia mobilitati e le 40 mila perquisizioni domiciliari nei due mesi del sequestro, è strano come la polizia non abbia eseguito nessun arresto. I brigatisti, anzi, erano già fuggiti, quasi che fossero stati avvisati per “sparire”.

Lo stesso giorno in cui viene scoperto il covo di Via Gradoli, arriva il Comunicato delle Brigate Rosse. Si scoprirà in seguito che era falso. E’ stato costruito dal falsario Antonio Chichiarelli. Gli scritti redatti da Moro sono spariti durante la sua prigionia. Alcuni vengono alla luce lentamente. Contengono le accuse rivolte ai suoi compagni di partito molto dure, dichiarava “Il mio sangue ricadrà su di loro”. Ci colpiscono le parole dette da Aldo Moro, ormai conscio della fine vicina, ma lucido e non pazzo come certi politici volevano far credere.

Le parole di Moro negli ultimi giorni

Vorrei chiudere con le parole scritte da Aldo Moro negli ultimi giorni di prigionia: Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. Essa va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si sul dare in questo caso. E’ poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall’idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare.
E questo è tutto per il passato.
Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande, grande carico di ricordi apparentemente insignificanti ma in realtà preziosi”.

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Di BeneSa