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Torna la rassegna “Aedi – Storytelling Fest”, con la direzione artistica di Salvo Piparo. Dal 18 al 20 novembre, Museo Riso. Ingresso libero.

La rassegna Aedi – Storytelling Fest, con la direzione artistica di Salvo Piparo, dopo il successo della prima edizione torna in scena con una programmazione, dal 18 al 20 novembre, inserita nella manifestazione Autunno al Riso, promossa e ospitata dal Museo regionale d’arte moderna e contemporanea Palazzo RisoSala Kounellis

Il progetto patrocinato dall’Assessorato regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, organizzato dall’Associazione Culturale Kleis, punta alla valorizzazione della narrazione, della memoria e del linguaggio, nelle diverse declinazioni artistiche e culturali, propri della cultura siciliana.

Aedi, con una programmazione pensata ad hoc, rievoca un mondo perduto per ritrovarsi, oggi, attraverso la messa in scena degli spettacoli. Un’impresa ardua, affidata a voci, a loro volta fuori dal tempo e di diversa natura, tra i quali: Dante, Capuana, Ariosto, Giufà, il mare e autori moderni.

Autori e presenze distanti per poetica l’uno dall’altro: uno piccolo, l’altro immenso, uno stolto, l’altro profondo, che convergeranno in un punto d’incontro: l’essere aedi, cantori di sogni, di memorie sbiadite, palombari di quelle storie mediterranee sommerse che ritornano ancora attuali.

Sul palcoscenico si alterneranno, in ordine di programmazione, Galatea RanziSalvo Piparo con Michele PiccioneGaspare Balsamo.

Ad aprire la rassegna, venerdì 18 novembre, ore 21.00, sarà “La fata matematica”, scritto e diretto da Valeria Patera

A dar voce alla protagonista, Ada Byron Lovelace, la donna che sognò il computer, l’attrice Galatea Ranzi, con la partecipazione, in video proiezione, di Gianluigi Fogacci.

Unica  figlia  legittima del poeta romantico Lord Byron, Ada nacque nel 1815 nell’Inghilterra Vittoriana, epoca nella quale una donna non aveva il diritto di prendere in prestito un libro senza il permesso scritto del marito. 

Al di là di ogni veto e pregiudizio questa donna ha saputo vedere molto lontano: per le sue intuizioni, sviluppate in un tempo in cui ancora non si usava la luce elettrica – quali il telegrafo (antesignano dell’attuale internet) e il treno a vapore – è considerata la profetessa del computer.

La Lovelace, che come il padre morì a soli 36 anni dopo un’intensa e appassionata vita, è considerata linventrice del software per aver codificato un primo linguaggio per la trasmissione di dati ad una macchina. Collaborando con il matematico Charles Babbage mise a punto il progetto per una macchina multifunzione programmabile con un sistema a schede perforate che erano state applicate ai primi telai meccanici, coniugando matematica e profetica immaginazione, a cavallo della prima rivoluzione industriale inglese.

Combinando felicemente gli studi con gli impegni familiari (fu madre di tre figli), ebbe una vita avventurosa e drammatica, clandestine storie d’amore, una passione per le scommesse e pesanti debiti di gioco per il quali impegnò i gioielli di famiglia. Fu amica di grandi personalità come  Charles Dickens, Michael Faraday, Charles Darwin e Mary Sommerville. Alla fine dei suoi giorni pensava all’ipotesi di una scienza poetica.

Il racconto scenico si sviluppa nell’arco di una notte di insonnia durante la quale Ada già segnata dalla malattia, rivive la sua intensa vita, seguendo il filo d’oro del ricordo del padre mai conosciuto, del rapporto conflittuale con la madre, della sua problematica maternità e, soprattutto della luminosa rievocazione che rovescia la scena con l’ingresso di Charles Babbage – interpretato in video da Gianluigi Fogacci – rivelando l’ardente passione intellettuale, e non solo, che li travolse mentre lavoravano all’invenzione del progenitore del computer.

Il testo poetico di Valeria Patera, già pubblicato da edizioni Università La Sapienza, si intreccia ad una partitura musicale di rara finezza e inventiva firmata da Francesco Rampichini e alle suggestioni cromatiche e iconiche del progetto video di Valeria Spera

La regia, infine, punta su un linguaggio a più codici in cui tutti gli elementi contribuiscono a creare un’atmosfera densa e onirica; una dimensione in cui tempo, spazio, musica, parola e immagine giocano con le emozioni dirompenti della protagonista.

Sabato 19 novembre, alle ore 21.00, sarà la volta di “Io e Dante”, di e con Salvo Piparo, con le musiche originali di Michele Piccione.

Nato da una famiglia della piccola nobiltà, Dante è stato poeta e prosatore, teorico letterario e pensatore politico, ed è considerato il padre della letteratura italiana. 

Accanto a questa visione universalmente riconosciuta Salvo Piparo delinea, con la personalissima cifra artistica che lo contraddistingue, un aspetto nuovo del poeta Vate, irriverente e contemporaneo.
Il tema che affronta Piparo è la sua ineluttabile presenza e invadenza, per certi aspetti, nella letteratura di ogni genere. C’è un Dante per ogni cosa, categoria, obiettivo; c’è un Dante da leggere nelle scuole, nelle università, da raccontare ai bambini, un Dante in cucina o un Dante come amico. Insomma un Dante è per sempre, come un diamante. 

In effetti è una pietra miliare della letteratura internazionale e la sua Divina Commedia, divina lo è davvero. Ma qui tutto si stravolge e Dante toglie per un giorno la sua corona di alloro per ritornare tra i semplici, tra gli umani, quelli che sbagliano, quelli che provano a rifarsi una nuova immagine, quelli che cercano di ingraziarsi i potenti per ritornare ad avere fama e potere.

Un Dante un po’ più vicino all’odierna società, che ritrova proprio nella sua vita, similitudini e necessità di questo nostro tempo. L’attore, con il dovuto rispetto, dissacra l’immagine classica di Dante per renderlo più semplice a tutti, associando le sue scelte di vita a quelle di alcuni personaggi noti della politica italiana, nelle quali si evidenzia la vera natura dell’uomo, prima ancora che dell’intellettuale, per tinteggiare questo straordinario personaggio, ancora una volta pieno di chiaroscuri, non solo dipinti su una tela ma anche dentro il suo animo contorto e impenetrabile.
Una versione ironica ma anche attenta al linguaggio popolare, un duello immaginario tra fiorentino e siciliano, un modo per riflettere sulle conseguenze sociali e politiche che un uomo, Dante appunto, ha avuto il potere di determinare, con le sue opere e la sua eccezionale astuzia.

Le musiche originali composte ed eseguite dal polistrumentista Michele Piccione, realizzano, una specie di tappeto volante sul quale si adagia il cunto di Piparo.

A chiudere la programmazione, domenica 20 novembre alle ore 19.00, “Ciclopu di e con Gaspare Balsamo.

Lo spettacolo, liberamente ispirato al libro IX dell’Odissea, intreccia, attraverso una drammaturgia originale scritta e orale, alcuni racconti tipici della narrazione siciliana. 

Tutta la performance, sia nelle forme che nei contenuti, si basa sui modelli e sulle tecniche di rappresentazione tipiche della matrice teatrale siciliana: il cunto, la narrazione epica, la recitazione con le voci dell’opera dei pupi, la declamazione e alcuni dei repertori tipici della letteratura popolare orale. 

Dentro il noto episodio del Ciclope, infatti, particolarmente originali sono gli innesti dei racconti di Giufà e Ferrazzano. Ed è proprio ad opera dei personaggi principali del racconto guida che i fatti dello stolto Giufà e del furbo Ferrazzano vengono narrati. Saranno proprio il Ciclope e Ulisse a diventare essi stessi cuntisti e a narrarne alcune storie. La drammaturgia sui personaggi e lo stile della rappresentazione sono in linea con il modello classico dell’Odissea, con il tono parodistico del dramma satiresco e con gli elementi tipici del cunto. Tali combinazioni di elementi reali e fantastici, tragici e grotteschi lasciano spazio a codici espressivi diversi a forte matrice mediterranea.

L’ingresso è libero fino ad esaurimento dei posti.