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Si è svolto il 27 aprile 2021 su piattaforma zoom la conferenza «Sul divano del sultano» organizzata dal Rotary Club Roma Aniene e dalla Presidente Sara Iannone che ha introdotto l’incontro ed il relatore il Prof Vittorio Maria De Bonis, raffinatissimo conoscitore della cultura araba, oltre ad essere noto volto televisivo nonché docente universitario alla Sapienza, storico e critico esperto d’arte. Il professore oltre a condurre gli ospiti presenti in questo mondo affascinante della cultura antica Ottomana ha saputo riportare all’attenzione della platea alcune acute riflessioni che esplicano la strategia della comunicazione del presidente della Turchia Erdoğan, veicolata anche attraverso simbolismi evocativi propri della cultura orientale. Un recente incidente diplomatico con l’attuale presidente  Europeo Ursula von der Leyen esplica questa strategia, in quello che sulla stampa è stato definito il “Sofagate” della Turchia.

Tra gli ospiti intervenuti alla conferenza, nonché partecipi del vivace dibatto successivo alla presentazione, vi erano Maria Giovanni Elmi, Francesca Ragni, la scrittrice Fabia Baldi, l’istruttore Rotary Club Roma Aniene Cesare Vocaturo, Lucia Viscio, la soprano ed attrice Sara Pastore,  la musicologa Cinzia di Chiara, Lavinia Mennuni e molti altri soci del Club e convitati.

L’autorevole Prof Vittorio Maria De Bonis  ha esplicato come il mondo turco nei tempi passati apprezzasse molto l’arte e la piacevolezza della conversazione e dell’ intellighenzia, amando molto l’Europa con cui vi erano fitti scambi commerciali e culturali e dando molta considerazione anche al ruolo delle donne nella società. E’ necessario quindi effettuare un distinguo tra i tempi contemporanei e quelli dell’impero turco in cui le donne hanno avuto un grande importanza al di fuori dei contesti dell’opportunismo e del raffinato e crudele gioco della politica attuale. Oltretutto una cosa è il popolo turco altra il loro rappresentante, sono mondi molti differenti. Ritornando alla storia, l’impero ottomano è stato un impero meritocratico nel quale anche il più umile, se valente, poteva giungere ai vertici. Era anzi un impero che favoriva e prediligeva gli umili nei quali intravedeva l’ambizione e la tenacia per riscattarsi. Simbolo di ciò furono i giannizzeri che il sultano per tutta la sua durata ebbe come guardia privata. I giannizzeri, erano il tributo che pagavano i cristiani attraverso i primogeniti, non in sangue, ma in servizio e fedeltà.

L’impero ottomano non era brutale, si estendeva ricalcando il territorio dell’impero romano di oriente ed era composto sia da mussulmani che da islamici. Creò incredibili architetture, un esempio è la Sultanahmet Camii, dagli italiani chiamata Moschea Blu, realizzata grazie a Sinān che potremmo paragonare per bravura al Bernini italiano.

Un capolavoro cui gli islamici guardarono ispirandosi alla cupola di Aghia Sophia  chiesa dedicata alla sapienza (Sophia è infatti la divina intellighenzia di Dio). Fu Mustafa Kemal Ataturk che la trasformò in un museo, per poi successivamente essere nuovamente destinata a moschea. 

Nel tempo passato dunque la donna nel mondo turco contava molto. La donna più importante ovviamente era la mamma cui il sultano faceva ricorso per consigli, poi le sorelle ed infine le favorite e le fanciulle che entrano nell’harem in quella che è una loro non segregata comunità. Non vi era infatti schiavitù per le donne che provenivano da tutta Europa, le quali non erano prigioniere ma avevano una «durata» di permanenza, alla scadenza della quale, se decidevano di abbandonare l’harem avevano persino una buona uscita. 

Tra i molti simbolismi il sofà, il divano, non è una scelta casuale, il sultano faceva sedere infatti una fanciulla sul divano, in quello che è il luogo considerato di piacere carnale (non il letto, ma il divano) indicando implicitamente il preludio alla carnalità. Una donna che sta semisdraiata su divano è pronta al piacere ed è considerata  oggetto di piacere. Oltre tutto le donne bionde nel mondo orientale sono viste come una donne proclive alla carnalità e quindi come prede sessuali.

Tornando al passato possiamo dire che quella ottomana era una cultura geniale e quando tramontò l’impero romano, a tramontare fu quello d’occidente, mentre quello d’oriente prosperò in maniera straordinaria.  Furono loro ad inventare i primi cannoni che sparavano palle delle dimensioni delle nostre attuali cinquecento. Potevano sparare un massimo di  5 colpi al giorno e con questi mezzi ottennero grandi conquiste con una strategia militare che all’epoca era la più moderna. L’amore ed il potere della bellezza ancora oggi sono vivi e sono presenti nella cultura Turca ed Ottomana. L’estensione del loro domnio è testimoniato in tutta Europa e non a caso in tutti i presepi napoletani affianco al bambinello, con cranei rasati copricapi e ciuffetti laterali, troviamo sempre un turco, visto come personaggio esotico.

Il nuovo sultano, quello dei tempi moderni cosa fa? Fa dunque sedere la donna europea sul sofà, relegandola a ruolo di donna di piacere, un ruolo di soggetto pavido e passivo. Per questo motivo c’è stata una grande ribalta mediatica alla gaffes del protocollo. Al popolo europeo questo sottile modo di comunicare in simbolismi può essere sfuggito, ma non certo a quello turco cui è apparso subito evidente il messaggio per non essere compreso in modo incisivo. Porre una donna su di un divano, considerato un giaciglio, significa averla umiliata e regredita da quello che è la valenza dell’essere un politico internazionale, rinnegandone anche la posizione istituzionale. Con questo gesto è stato inoltre rimossa quella qualità tradizionale nel popolo turco che è il rispetto nei confronti della donna. Non scordiamo che questo sovrano/sultano ha anche fatto uscire la Turchia dalla convenzione internazionale sui diritti della donna.

Davvero molti passi indietro se consideriamo che solo pochi anni fa era possibile un ingresso della Turchia in Europa.