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L’uscita di scena della regina Elisabetta II mi dà spunto per questo articolo che avevo in mente da qualche tempo e che voleva trattare la musica prodotta sotto il regno della grande Elisabetta I, denominata la Regina Vergine.

Ella governò dal 1558 fino alla sua morte, avvenuta nel 1603. Sotto di lei, l’Inghilterra divenne una nazione dedita ai commerci, ricca e potente, oltre che un fervente centro artistico e culturale. Sua Maestà, infatti, protesse e favorì l’operato di grandi artisti, come, ad esempio, l’immenso W. Shakespeare.

Sotto Elisabetta I anche la musica conobbe un grande sviluppo. Essa, infatti, veniva praticata da tutti i ceti, seppur in diverse misure. In linea con l’evoluzione storica e sociale del Rinascimento inglese, nacquero numerosi nuovi generi.

Tra i musicisti degni di menzione, mi interessa ricordare in particolare John Dowland.

John Dowland

Egli fu forse il più noto compositore di songs dell’epoca di cui scrivo. Liutista, cantautore, traduttore, editore, viaggiatore, accademico, rappresentò una figura centrale nella storia del liuto, ed è riconosciuto oggi come il primo, grande cantautore in lingua inglese. I temi ricorrenti nelle sue canzoni sono di carattere intimo e amoroso, spesso caratterizzati da un riferimento agli aspetti dolorosi della vita. Poiché non riuscì mai ad essere assunto come liutista presso la corte della protestante Elisabetta, per ripicca si convertì al cattolicesimo. Gli artisti, si sa, sono assai permalosi… D’altra parte il suo valore di musicista era indiscusso e lui ne era ben cosciente!

Effettivamente, grazie all’armonico equilibrio delle sue composizioni, alla dolce e garbata espressione del suono, Dowland è da considerarsi come uno dei maggiori maestri inglesi, e tra i pochi, di quel periodo storico, che ancora oggi possano essere ben compresi nei concerti. Il grande merito di questo compositore è stato, inoltre, quello di avere reso famoso il proprio, amato strumento in patria. Ciò fece sì che i suoi contemporanei potessero suonare da soli e nella propria casa, le sue opere (fresche di stampa) consentendone ampia diffusione.

Una straordinaria modernità

E qui veniamo al punto. Proprio in virtù della straordinaria modernità di questo musicista, Sting, il contemporaneo, grande artista rock Sting, nell’ormai lontano 2006, volle dedicare a Dowland un raffinato album dal titolo “Song from the Labyrinth”. Si tratta di una raccolta di brani realizzata in collaborazione con il liutista Edin Karamazov.

Grande coraggio da parte dell’ex bandleader dei “The Police” che, seguendo la sua vena di ricercatore di sempre nuovi modi espressivi, non ha avuto timore di sfidare i puristi di questo genere. Inevitabili e sicuramente giustificate le numerose critiche. Fatto sta che persone che neanche sapevano che esistesse John Dowland e l’importante musica barocca elisabettiana, hanno avuto la possibilità di conoscere tutto ciò.

Dal mio punto di vista ritengo il prodotto estremamente pregevole, nonostante il timbro di voce “sporco” di Sting sia stato da molti considerato un imperdonabile errore, perchè completamente fuori stile. Io penso, invece, che le operazioni di proposta e divulgazione dei generi antichi per un vasto pubblico, non possano sempre essere attuati seguendo rigidamente i parametri dell’epoca d’origine. Anche riguardo agli strumenti musicali utilizzati, ad esempio, è preferibile sfruttare la moderna tecnologia, in modo da ottenere sonorità più ricche e corpose e quindi più consone ad un gusto moderno. Diversamente si può rischiare la “chiusura a prescindere” di gran parte del pubblico, inficiando lo scopo per cui sono stati realizzati tali progetti. Quando si fa diffusione di cultura per tante ed estremamente eterogenee persone, è preferibile sacrificare qualche particolarità circoscritta a quell’epoca, pur di salvare la conoscenza di grandi patrimoni artistici e culturali altrimenti preclusi.

In questo caso, Sting ha saputo mantenere con grande dignità la sua identità di artista rock. Si è accostato con gusto, umiltà e rispetto ad un genere tanto lontano da lui. Le songs sono interpretate in modo “colloquiale” ed estremamente gradevole Ha saputo rendere quell’intimità tipica del genere di Dowland, pur utilizzando la sua voce naturale. In ogni traccia ha saputo entrare in punta di piedi, dando la sensazione di essere illuminato, durante il canto, da una morbida luce di candela. La presenza di stralci di lettere di Dowland rende il prodotto ancor più delicato, intimo, confidenziale.

Risultato: un eccelso, riproposto John Dowland, un incantevole Sting.

 

Di Rima