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C’è un concerto all’alba del M° Maurizio Mastrini che inizia, come da programma, alle 5.45.  Devo arrivare, da Foligno dove vivo, sul Lago Trasimeno. A Passignano, per la precisione. Il tempo di un caffè e, velocemente, mi vesto. Porto un cambio leggero. Sicuramente, a quell’ora sulla Rocca di questo paesino farà fresco, se non altro per l’umidità. Io sono freddolosa, mi devo premunire, altrimenti perdo ogni piacere, dovrò restare ferma per un’oretta e mezza.

Passignano

Arrivo in loco e mi dirigo rapidamente verso la Rocca (che immaginavo molto più in alto) dove raggiungo il punto allestito per il concerto. Si tratta – come immaginavo – di una terrazza vista lago, con simpatiche seggiole bianche “cuscinate”, pronte ad accogliere il fondoschiena dei temerari presenti.

Inaspettatamente ci sono parecchie persone. Non credevo che tanti fossero disposti a quell’alzataccia! Ciò mi fa enormemente piacere. Penso, infatti, che nonostante il mondo di plastica che ci attornia (in cui anche le emozioni sono pilotate e ”sintetiche”) la musica conserva ancora la sua natura divina di sempre. Almeno certa musica.

Alle sei in punto Maurizio Mastrini appare, si siede al pianoforte e, senza indugio, inizia a suonare. Scalzo, come è suo vezzo, vestito di bianco, con una larga fascia che  trattiene le sue innumerevoli, biondissime treccine. Ascolto volutamente senza giudizio. Sono pianista e musicista anche io e potrei peccare di deformazione professionale. Questo mi guasterebbe completamente il piacere spontaneo di un ascolto pulito, senza filtri. In una parola, puro.

I suoni sono molto lievi, dolci, carezzevoli. Il Maestro passa da un brano all’altro senza interruzione, mantenendo sempre una grande soavità nell’esecuzione. E’ come se volesse svegliarci dolcemente, carezzandoci.

Chiudo gli occhi. La mia fantasia si ritrova in un vecchio, ma ben tenuto, casolare di campagna. Nella grande, accogliente cucina è pronta la colazione. Le luci, le ombre e i colori sono caldi. Il giallo è preminente, poi sfumature di beige e marrone. Il pavimento è di cotto chiaro, un po’ polveroso. La presenza della pietra sulle pareti crea una piacevole atmosfera “grezza”, di semplicità contadina.

Le melodie sono avvolgenti, rassicuranti, rilassanti. Riapro gli occhi: lo sfondo del lago azzurro chiaro, iridescente, le basse colline che lo attorniano colpite da una luce che le fanno apparire di alabastro; la silhouette del pianoforte, le dita che si agitano aleggiando sulla tastiera… tutto contribuisce a creare un’ambientazione irreale.

La realtà più presente: il sorgere del “dio Sole” che determina repentini cambiamenti di luce. Un raggio giallo chiaro colpisce la schiena del maestro…i colori divengono più netti… tutto è più denso e concreto. Termina la prima parte del concerto.

Il Maestro si alza, prende il microfono, annuncia e descrive i brani appena eseguiti. Sono tutte sue composizioni, alcune delle quali – come “Un soffio” – hanno ottenuto moltissime visualizzazioni e downloads, tali da dargli particolari risonanza e popolarità a livello internazionale. A parte, ovviamente, le numerosissime esibizioni realizzate in tutto il mondo negli ultimi 15 anni. Mastrini, con la semplicità e la disponibilità verso il pubblico che lo contraddistinguono, ci racconta brevemente la sua storia di artista.

Dall’inizio degli studi, all’approdo dal grande maestro pianista Vincenzo Vitale, ai primi concerti e incisioni che però non gli davano da vivere, al conseguente abbandono della carriera pianistica. E ancora la miracolosa ripresa, grazie all’intuizione di una notte insonne, genitrice della geniale idea di proporre una rivisitazione dei classici per pianoforte suonati al contrario, dall’ultima nota alla prima. Da qui il rinnovato interesse del mondo dei media verso la sua arte, gli ingaggi, i concerti in tutto il mondo, le sue apprezzate e sempre più seguite composizioni. Oggi uno dei più stimati pianisti a livello internazionale.

Queste storie mi emozionano particolarmente. Il faticoso viaggio di un’anima verso la realizzazione della propria unicità, con coraggio, determinazione, totale abbandono alla forza della Vita, mi commuove sempre, qualsiasi sia il mondo di appartenenza.

Il concerto prosegue con l’intervento di un ensemble d’archi, un quartetto di valenti giovinette, per la precisione. Vengono eseguiti, unitamente al pianoforte, altri brani firmati Maurizio Mastrini che ci portano in giro per il mondo: Africa, Argentina, Cuba. Poi un brano autobiografico (che ho preferito in assoluto) in cui l’autore racconta la sua timidezza di quando, da ragazzetto, cercava di dichiararsi alle fanciulle di cui si innamorava. L’emozione era tale che iniziava a balbettare. Di qui la sequenza incessante di note staccate, saltellanti, il ritmo incalzante, l’agitazione, il colpo finale sul pianoforte. Molto, molto particolare e comunicativo…

Numerosi, generosi bis e poi tutto si scioglie. Complimenti, dediche e fotografie dal e per il Maestro. Mi congratulo con lui, ancora molto emozionata. Lui non lo sa, ma lo adoro, per la sua capacità di saper aggregare tante anime!

Appare un vassoio di golosi cornetti per un gruppo di amici che si accinge a fare colazione lì, sulla terrazza.

Scendo di nuovo verso il paesino. Mi fermo un attimo, con la mia solita curiosità, davanti alla targa che ci racconta della Rocca. Apprendo che il primo nucleo fortificato di Passignano risale addirittura al V-VI secolo, ad opera dei Longobardi che qui posero un proprio insediamento sulle sponde del Trasimeno. Nei secoli successivi furono realizzati diversi ampliamenti, seguendo le crescenti esigenze dell’abitato circostante. Dopo un restauro avvenuto nel 2008, è stato qui realizzato un Centro Espositivo e costruita una scala che arriva fin sulla sommità della Torre, da cui si può godere di una spettacolare e unica vista sul Lago a 360° (compresi tramonti mozzafiato!). Questa Rocca è oggi una splendida location per eventi di ogni genere. Intelligente modo di rendere immortali i luoghi storici, di farli continuare a vivere di piacere e gioia impregnandoli di nuova, corroborante energia vitale.

E’ stata un’esperienza che non dimenticherò.

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Di Rima