Titolo evocativo di un certo mondo alla Lucio Dalla, a quel “Lunedì Cinema”, a sere e a miracoli. Ma sono solo richiami che arrivano di primo acchito perché poi il suono e il modo di pensare alla forma canzone virano verso altri spazi. “Le stelle della sera” è il disco che da i natali alla carriera solista di Roberto Grossi, già a capo dei Subbuglio! dai quali pesca quella “Neve” che in qyesta tracklist appare con la splendida collaborazione di Chiara Buratti. E poi il singolo “Ophelia” che vede la partecipazione di Paolo Archetti Maestri degli Yo Yo Mundi. E il pop d’autore che tanto deve a radici recenti, ad un certo approccio “dream”, all’elettronica che non fa rivoluzione ma solo estetica ai bordi. Non ci sono vellutate visioni acustiche, piuttosto avatar in carne ed ossa, siamo nel futuro ma comunque siamo noi e non siamo poi tanto diversi.
Posso dirti che Mango è una delle prime sensazioni che mi arrivano? Che rapporto hai con la sua musica ma soprattutto con quel tempo italiano del pop?
Mango non è uno dei miei ascolti più assidui ma tra gli album della musica italiana che più ho amato c’è il suo “Odissea”, ricco di sonorità e melodie che trovo straordinarie. Sono cresciuto ascoltando musica italiana e gli anni 80 / 90 hanno sicuramente influenzato la mia formazione musicale.
Come hai lavorato con l’elettronica? Che suoni hai ricercato e voluto?
L’elettronica è stata una scelta precisa: volevo sperimentare un sound contemporaneo e quando ho ascoltato le produzioni di Helle (Lisa Brunetti) ho capito che era la partner ideale per sviluppare quello che avevo in mente. Lei ha saputo tradurre alla perfezione, con i suoi arrangiamenti, le emozioni che volevo trasmettere: è stata una collaborazione molto preziosa ed intensa.
Nel disco anche momenti di rock leggerissimo. E qui che scena sei andato a cercare?
Non ho una scena musicale di riferimento, cerco di esprimere quello che ho dentro senza rifarmi a nessun modello. I momenti più rock nell’album sono legati ai brani arrangiati nati con la mia ex band, i Subbuglio!, e ciò che è venuto fuori è la somma delle nostre differenti sensibilità e culture musicali.
Devo dire che in diversi momenti c’è una varianza dentro la track list. Mondi non lontanissimi ma comunque poco in contatto. Cosa ne pensi?
In questo album ho voluto inserire tre mie canzoni (“Gaza”, “Neve” e “Ali e catene”) che avevo realizzato con i Subbuglio! ma che non erano mai state pubblicate in un album e, anche se remixate e arricchite di nuovi contributi, suonano inevitabilmente in modo differente dai brani nati per questo album.
Sono canzoni a cui sono molto legato e rappresentano il punto di arrivo della mia precedente esperienza musicale che in qualche modo questo album chiude aprendo una nuova fase. In un certo senso questo è un album di passaggio, che vuole raccontare chi sono stato e cosa sono ora. Un certo scarto stilistico tra i brani “recuperati” e quelli nuovi è quindi sicuramente presente e comunque in tutto l’album ho cercato volutamente di alternare colori differenti.
Hai ripreso “Neve” con Chiara Buratti e hai voluto Paolo Archetti Maestri in “Ophelia”.
Perché questi due interventi, perché loro, perché in quei brani?
Ho scelto di arricchire l’album con diversi featuring prestigiosi, oltre a loro ci sono le partecipazioni di Lorenzo Monguzzi (Mercanti di Liquore), Alessandra Ravizza (Rebis) e Fabrizio Casalino. Volevo che la nuova versione di “Neve” avesse una voce femminile particolarmente intensa e quella di Chiara mi è sembrata da subito quella più indicata. Ho per lei una immensa stima come artista e inoltre ci lega profonda amicizia. Con Paolo Archetti Maestri, e con gli Yo Yo Mundi, ci sono una stima e un’amicizia altrettanto profonde. Il contributo di Paolo in Ophelia è stato straordinario: lui mi prende in giro dicendomi che gliel’ho proposta perché ha la erre moscia come Guccini; vi giuro che non è assolutamente così!