Spread the love

Roberto Ghezzi e il cambiamento continuo della materia.

di Ester Campese

Roberto Ghezzi, è un artista contemporaneo classe 1978, nato a Cortona, Italia. Si laurea in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 2003.  La sua formazione inizia però molto prima, all’interno dello studio di scultura di famiglia dove ha occasione di sperimentare e apprendere. Si legge sul suo sito “Inizia ad esporre negli anni Novanta ei suoi esordi sono legati alla pittura. La sua produzione si basa su un forte interesse per il paesaggio naturale, che, all’inizio, indaga sia attraverso la rappresentazione pittorica che attraverso esperimenti “sul campo”, a contatto con l’ambiente naturale”. Uno studio condotto nell’arco di un decennio, che, partendo da un approccio scientifico di approfondimento della realtà organica, assume una forma concettuale attraverso la materia.

Lo conosciamo meglio attraverso questa intervista.

Che valore ha per lei l’arte?
L’arte è la mia vita.
Direi che permea ogni aspetto del mio essere. Non potrei farne mai a meno.

Che senso invece quello della restituzione, attraverso l’arte di emozioni stratificate?
In realtà nel mio lavoro l’aspetto emotivo è una risultante del processo di stratificazione naturale, non del mio vissuto personale. Ma ciò non toglie che alcuni possano leggervi anche un aspetto più sentimentale legato ad una certa concezione del paesaggio.

Il suo rapporto con il paesaggio naturale?
Il rapporto con il paesaggio naturale è sempre stato alla base della mia esperienza sia artistica che di vita. Sono nato in un luogo ricco di natura, e ho la fortuna di viverci adesso. Credo sia indispensabile per poterne parlare verosimilmente.

Una domanda più personale. E’ felice? O meglio cosa la rende felice?
Mi rende felice il mio lavoro, quindi si, credo di essere a tratti felice. Una condizione certo precaria che implica sempre la volontà e l’esigenza di andare oltre nel proprio percorso.


Studi e sperimentazioni in luoghi naturali, durati oltre un decennio. Come è stato questo percorso evolutivo?
In realtà adesso saranno due decenni, o forse tre… Beh è stato duro a tratti, entusiasmante, talvolta deludente, talvolta bellissimo, discese, salite. Come tutti i percorsi autentici dettati dalla passione e dal sogno.

Si legge che “nella sua ricerca assume sempre più importanza l’aspetto della trasformazione”. Ci spiega meglio questo suo concetto?
Impermanenza, trasformazione, cambiamento di stato.. le mie opere sono sempre in fieri, o ritraggono passaggi di questo processo. Sia che ghiaccio si trasformi in acqua, si che tessuto si biodegradi. Si credo sia questa una chiave di lettura della mia ricerca. Il cambiamento continuo della materia.Come gestisce l’emozione del tempo che passa?
E’ una delle cose più sorprendenti del mio lavoro. E’ il tempo che passa a cambiare l’aspetto dei miei lavori, oltre al mio ovviamente. Anche se non sono ancora convinto che abbia le stesse conseguenze sui primi e sui secondi in fatto di  bellezza. 🙂Un curriculum di tutto rispetto tra mostre collettive, personali e premi. Quale le ha dato maggior soddisfazione?
Quello che ancora non ho fatto, non ho vinto. Il luogo dove ancora non ho esposto.

L’opera a cui si sente più legato e perché.

Avrei risposto come sopra, ma non voglio essere monotono. Direi allora la prima documentata, firmata, un acquerello che ritrae un iceberg del 1986 credo. Non so mica se saprei rifarla così.


Se non fosse diventato un artista cosa altro avrebbe potuto essere?
Mille altre cose, un naturalista, un contadino, un fisico, un alpinista, un teologo..ne ho per le prossime mille vite.Cosa aspettarci da lei per il futuro?
Roma, Skopje, Venezia, Milano, e ancora Roma. Flussi e riflussi, parlando di acque, canali e fiumi eterni.

Di E.C.M.