Maurizio De Giovanni presenta il suo romanzo – L’equazione del cuore – edito da Mondadori.
di Ester Campese
Maurizio De Giovanni, presenta in una sala gremita, nel rispetto delle normative anti-covid, il suo ultimo libro L’equazione del cuore. Un romanzo edito da Mondadori.
De Giovanni, scrittore, sceneggiatore e drammaturgo italiano, nonché autore di molti romanzi gialli, spiega, nel corso della piacevolissima conferenza, come volesse guardare agli anni trenta. Cercando tra le citazioni, quella di Paul Dirac lo colpisce particolarmente. Questa dice che “La fisica spiega alla gente in maniera comprensibile quello che nessuno sa. Mentre la poesia dice alla gente in maniera incomprensibile ciò che tutti sanno”. Questa battuta colpisce l’autore, normalmente le persone parlano infatti in maniera negativa della matematica non della poesia. Resta lì accantonata questa citazione per riaffiorare proprio alla stesura del romanzo.
Rammentiamo che Paul Dirac, Premio Nobel per la fisica nel 1933, è tra i padri fondatori della meccanica quantistica. Ha sviluppato una rigorosa ed elegante formulazione matematica con cui trovò l’equazione relativistica delle particelle. La sua equazione matematica per una sorta di contrappasso risulta essere profondamente poetica. Semplificando, per la comprensione di tutti, l’equazione spiega che due particelle entrate in contatto per un certo tempo, anche se poi separate continueranno a risentire l’una dell’altra per tutta la loro esistenza. Ciò al punto tale da non essere più considerate due sistemi separati, ma uno unico sistema.
Appare questa equazione come la definizione matematica dei sentimenti delle persone. Le relazioni importanti restano impresse fisicamente nella memoria e si continuerà ad essere in contatto con loro per sempre. Il matematico non ha pregiudizi, non sceglie tra gli elementi che gli si pongono di fronte. Se l’evidenza lo porta altrove lui lo accetta perché un elemento pesa esattamente come un altro.
Spiega poi l’autore come questo libro sia differente dai suoi precedenti, un po’ fuori dai suoi canoni come il commissario Ricciardi e i Bastardi di Pizzofalcone divenuti anche serie TV.
Introduce dunque i protagonisti del suo romanzo. Il padre Massimo, un matematico rimasto vedevo, ritiratosi a fare il pescatore, sua figlia e il nipote. Massimo segue la sua vita scandita da riti quotidiani, una volta all’anno vede sua figlia che lo va a trovare con il bimbo dove vive, all’isola di Procida. Il piccolo segue il nonno senza però che ci sia una grande interazione tra loro. La figlia, che vive a Milano, una volta ripartita tiene i rapporti con il padre con una canonica telefonata settimanale. Laconica quasi come una “to do list”. Una mattina Massimo viene svegliato da una telefonata in cui gli si dice che la figlia con il marito sono morti in un incidente, mentre il nipote è grave in ospedale, ma vivo.
Questo evento non lo distrugge e non inficia la sua quotidianità se non per il fatto che deve andare lì e non vede l’ora di tornare anche per prendere la distanza da ciò che è accaduto. Si scopre a non provare i sentimenti che tutti da lui si attenderebbero. In effetti con la figlia non interagiva in un rapporto quotidiano. Si trova a dover amministrare un ruolo a lui lontano per quel bimbo rimasto in vita. Massimo viene visto come il possibile tutore anche dell’industria rimasta senza conduzione. Si ritrova quindi in una situazione di incertezza anche perché al funerale gli viene detto che non sembra in effetti un vero e proprio incidente.
In questo romanzo l’autore spiega che ha dovuto indirizzare i suoi primi istinti ed è stato attento a dare spazio di inventiva al suo lettore. Non ha voluto svelare subito la condizione del bambino, dando solo il segno della strada da percorrere. Ha quindi taciuto l’idolatria del bimbo verso il nonno ed ha invece invertito il focus, declinando la storia dal punto di vista del nonno. Affronta la coscienza del mancato coinvolgimento e il nonno si chiede perché non sta soffrendo. Un libro secco, molto asciutto ma che coinvolge pienamente il lettore.
Una simpatica chiusura della conferenza, vede la lettura di alcuni brani del libro, sottolineati da una musica di sottofondo e dal sax di Marco Zurzolo, elementi che creano subito l’atmosfera di un breve e piacevole spettacolo.
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