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Ambrosino Massimiliano, in arte solo AmbrOsino, è un cantastorie nato a San Giorgio a Cremano
in provincia di Napoli. I suoi brani trovano la propria dimensione nel viaggio che lega un passato e
un futuro musicale radiosi e identitari, con ancora una volta protagonista quella Napoli officina e
laboratorio di nuove idee e guizzi sonori trascinanti e originali.
Ha all’attivo 2 album, l’omonimo “AmbrOsino” (2015) ed “Edicola Votiva” (2018).
Nel 2019 Pietra Montecorvino sceglie di reinterpretare “‘Na Mullica ‘E Pane”, brano presente in “Edicola Votiva”, per il suo l’album “Rigina”.
Abbiamo incontrato il cantautore partenopeo per saperne di più sul nuovo lavoro discografico “3 ‘O FIGLIO D’’O RRE”.
Com’è nata la tua passione per la musica e quali sono gli artisti che hanno maggiormente influenzato il tuo percorso artistico?
La passione per la musica è nata grazie a mio padre, che suonava il pianoforte e ai miei fratelli
maggiori che portavano a casa i meravigliosi vinili dei cantautori, ma anche di Stevie Wonder, Pink
Floyd, Beatles. L’artista che ha inciso maggiormente sulla mia ispirazione è stato Pino Daniele. La sua poesia è stata centrale nella mia crescita.
Quando hai iniziato a sentire la necessità di raccontare la tua vita in musica?
Quando ho imbracciato la prima chitarra. L’idea di imparare a mettere gli accordi camminava di
pari passo con l’idea di scrittura. Sentivo che quell’espressione comunicativa mi faceva star bene.
Qual è il tuo primo ricordo legato alla musica?
Credo la febbrile emozione di stare per la prima volta in uno studio di registrazione e avere un
team di persone che provavano a curare la produzione di una mia canzone. Ed erano artisti di
grande spessore ed esperienza. Un sogno.
Parliamo del tuo nuovo EP “3 ‘O Figlio D’’O Rre”. C’è un filo conduttore che lega le tracce della tracklist?
Direi proprio di sì. Questo pugno di canzoni sono nate durante il periodo della pandemia, ed è
chiaro che abbia influito nella scrittura un forte desiderio di lasciarci tutto alle spalle, di riprendere
in mano la nostra vita e farlo nel miglior modo possibile.
C’è un brano a cui sei particolarmente legato o che ha avuto una gestazione emotiva più
complessa?
I brani sono nati tutti velocemente, sembravano in qualche modo già scritti. Forse per gli
arrangiamenti ho valutato un po’ di più la direzione, ho considerato più alternative, più sonorità.
Alla fine credo di aver scelto bene e mi sono regalato un giusto compromesso tra tradizione e
contemporaneità.
Come artista, quanto è importante la ricerca e la sperimentazione di nuove sonorità?
Per me è necessario. Nulla s’inventa, sia chiaro, ma sperimentare sulle sonorità, sulla ritmicità, mi
incuriosisce e mi diverte molto.
Qual è l’insegnamento più importante che hai appreso fino adesso dalla musica?
Credo che la musica sia la forma artistica più pura e alta di inclusione. La musica azzera le distanze, avvicina le comunità, le razze. Ti può far sentire a casa a New York come a Bahia, a Johannesburg come a Calcutta. È una roba davvero potente.
Qualche novità che vuoi condividere, in anteprima, con i nostri lettori?
Ci sono diverse cose che bollono in pentola, presentare il mio progetto dal vivo mi sta a cuore e ci stiamo lavorando. E posso anticiparvi che il nuovo anno porterà un mio brano in corto
indipendente.
di Barbara Scardilli