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Solo una cosa poteva sconvolgere il Mondiale di Qatar 2022. Solo qualcuno poteva far scendere dai trend topic le discussioni sui commenti di Lele Adani. Quel qualcuno si chiama Marocco. Per la prima volta nella storia del calcio una nazionale africana conquista l’accesso alla semifinale. Erano gli anni 90 e tra gli appassionati del pallone si parlava in maniera quasi utopica di come sarebbe bello vedere una selezione del continente nero alzare al cielo il trofeo.

La bellissima esperienza del Senegal nel 2002, con la vittoria all’esordio contro la Francia, ci aveva fatto pensare che i tempi erano maturi. Non era ancora così. Oggi, invece, ci sono le basi per vedere l’Africa nel calcio che conta. Anzi, possiamo dire che d’ora in poi, secondo me, avremo modo di visionare, sempre più spesso, nazionali non abituate a certi contesti poter puntare, realmente, a vincere qualcosa di importante. Questo concetto va in antitesi a quanto avviene per le squadre di club, dove i valori, a causa dei fatturati delle varie società a livello internazionale, sono sempre più polarizzati, rendendo minori le possibilità che ci siano sorprese.

Youssef En-Nesyri, 25 anni, ha collezionato 55 presenze e 17 gol con la Nazionale marocchina

Con le nazionali, invece, si va sempre più verso il fronte contrario. Questo perché, principalmente, è cambiato il modo di acquistare i calciatori e di svolgere il mercato. Con la globalizzazione si possono scovare talenti in giro per il mondo, molto spesso pagandoli meno rispetto al loro valore reale. E quindi le grandi squadre non hanno più il blocco italiano, inglese, tedesco, ma giocatori provenienti da numerose nazioni. Se andiamo a guardare la rosa del Marocco, non parliamo certo di una squadra fatta di sconosciuti.

Yassine Bounou, detto Bono, 31 anni, vanta 51 presenze in Nazionale e ha fatto parte dell’Atletico Madrid

Alcuni li conosciamo benissimo, come Achraf Hakimi, protagonista due anni fa nella vittoria dello scudetto dell’Inter e ceduto al Paris Saint Germain, mica una squadra di quartiere, nella desolazione dei tifosi nerazzurri. E c’è Hakim Ziyech, un talentino passato addirittura dall’Ajax che indossa la maglia del Chelsea, anche se il suo percorso non è stato sempre scosceso. Vogliamo andare avanti? Il portiere Bono, a cui tutto il Marocco dovrà erigere un monumento per le grandi parate che ha fatto, appartiene al Siviglia, così come En-Nesyri, autore del gol vittoria contro il Portogallo. Mazraoui è addirittura al Bayern Monaco, Aguerd al West Ham, Amrabat sta avendo un ruolo importante alla Fiorentina, Sabiri è tra i migliori della sventurata Sampdoria.

Scavando un po’, ovviamente, non troviamo lo stesso tipo di caratura: c’è Cheddira che gioca anche lui da noi, in serie B, con la maglia del Bari. Ma ci sono elementi che inseriti nel contesto giusto possono dare tutto il loro potenziale. C’è un altro aspetto importante. A guidare il gruppo c’è Walid Regragui, non un allenatore europeo che vuole provare a scalare le vette del calcio mondiale partendo dall’Africa.

Walid Regragui, 45 anni, da calciatore ha giocato 45 volte in Nazionale, è diventato ct lo scorso agosto

Una squadra africana con un allenatore africano, marocchino. Segno che ormai si stanno formando anche i tecnici. Regragui si è formato e cresciuto in Francia, dove ha giocato per gran parte della sua carriera e poi ha messo a disposizione la sua esperienza per il Paese magrebino. Voglia di andare ad attaccare lo spazio, capacità di sapersi immedesimare nei vari momenti della partita, capillare organizzazione tattica e capacità di coprire gli spazi. Non parliamo di una squadra venuta a fare bella figura, ma di un gruppo che ha costruito e tracciato le linee per essere la sorpresa del Mondiale. Ed a Regragui, molto probabilmente, la parola “sorpresa” non piace neanche tanto.

Pareggio con la Croazia vice campione del mondo, pareggio con la temibilissima Spagna e poi vittoria ai rigori, successo anche contro il Portogallo, ponendo fine al sogno di Cristiano Ronaldo di alzare al cielo la Coppa. Non sono cose che fai per caso. Come non è stato creato per caso il centro federale di formazione, con lo sguardo vigile del re Mohammed VI, che ha preso parte all’inaugurazione. È questo il metodo che devono utilizzare nazioni non particolarmente grandi per poter presentarsi ai vertici del movimento mondiale. E gli appassionati di calcio più veraci avranno avuto un ticchettio nella testa.

Un centro federale di formazione. Proprio come quello che ha fatto la Francia a Clairefontaine, con due Mondiali ed un Europeo vinti nel giro di vent’anni, dopo una storia non proprio ricca di successi. I modelli sono tutti già pronti. Basta solo utilizzarli e metterci dell’olio di gomito. Vero, cara Nazione che non ti qualifichi al Mondiale per due volte di seguito? E guardate un po’ cosa succedere in semifinale. Francia contro Marocco. Mbappè e compagni sono nettamente più forti e questa volta è un discorso chiaro e lapidario. Ma i marocchini non vogliono sognare la finale, vogliono creare tutte le condizioni per arrivarci.