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Ripartiamo dalla voce… credo sia questo un degno motto per incorniciare l’opera magistrale di Marilena Anzini dal titolo “Gurfa”, lavoro che inneggia alla spiritualità del corpo liquido, delle forme mutevoli, del soffice scandire delle fluttuazioni vocali… etereo e primigenio a tratti, ma soprattutto d’autore dove la parola in seno alla voce è strumento di narrazione eterno. Una bellissima chiacchierata dentro il suono di questo disco che troppo spesso lascia alla voce e alla vocalità dell’ensemble vocale Ciwicè, l’unico ruolo portante del tutto.

Ripartiamo dalle parole. “Gurfa”. Come l’hai incontrata e perché l’hai
scelta?
Quando ho scelto le canzoni che sarebbero andate a formare l’album, ho osservato che erano in qualche modo tutte legate dal tema dell’acqua, e dopo qualche tempo ho trovato per caso su internet questa parola un po’ strana, che non ha una vera e propria traduzione ed è ricca di molti significati: sembrava fatta apposta per raccogliere tutte le canzoni in una parola! Gurfa è un’antico vocabolo arabo che significa letteralmente ‘la quantità di acqua che si può raccogliere in una mano’: una quantità molto piccola, ma della stessa preziosa sostanza che forma anche gli oceani, le nuvole, gli esseri umani…tutto è connesso dall’acqua. E per tenerla tra le mani e non farla scivolare tra le dita, è anche necessaria molta attenzione, soprattutto quando si ha sete e ci si accorge di quanto sia indispensabile per la vita. Ecco, la musica è un po’ come l’acqua perché ha il potere di unire, di portare vita, di arricchire la nostra esistenza di significato e di bellezza, e spero che anche Gurfa sia un po’ così: è solo una goccia nell’oceano della musica, ma l’ho tenuto tra le mani con moltissima cura prima che uscisse nel mondo.

Acqua e tempo. Due elementi portanti per questo disco… o sbaglio?
Sì, sono due temi ricorrenti in Gurfa. Sono entrambi fluidi perché scorrono, e sono entrambi legati all’esistenza dell’essere umano. Dobbiamo avere cura dell’acqua, un bene che sta diventando ben più prezioso dell’oro o del petrolio, e dobbiamo avere molta cura anche del nostro tempo, che è ancora più prezioso, dato che non resteremo per sempre su questo nostro bellissimo pianeta; ma noi abbiamo la possibilità di far diventare ‘per sempre’ ogni momento, riempiendolo di Vita. È un po’ quello di cui parla Details, la canzone che apre l’album: un invito all’attenzione, ad aprire tutti i nostri sensi ai dettagli di ogni giornata e a fare spazio anche a ciò che non riteniamo possibile, per accorgerci dei tanti piccoli miracoli che ci circondano. Come diceva il golfista Walter Hagen: “Sei qui solo per una breve visita. Non fare in fretta, non preoccuparti. E assicurati di annusare i fiori lungo la strada”.

Non a caso questo disco è blu?
Sì, è un colore che si associa immediatamente all’acqua, e a pensarci mi fa un po’ sorridere l’aver stampato un CD con un riferimento così liquido quando ormai la fruizione della musica avviene prevalentemente nella sua forma liquida, digitale. Ho voluto pubblicare le mie canzoni anche su supporto fisico, con una bella grafica – grazie a Elisabetta Andreoli e Simona Miriani – perché l’esperienza dell’album fosse il più possibile ricca e pluri-sensoriale. Tutta questa digitalizzazione rende la diffusione della musica più facile e veloce e questo è senz’altro un bene, ma nasconde anche il rischio di una certa fretta e superficialità nell’ascolto. Io penso che la musica vada ascoltata con calma, dandosi il tempo per scoprire dove porta: tenere in mano il libretto di un CD, guardare le foto, leggere i testi…tutto queste permette un ascolto più ricco e approfondito, e soprattutto favorisce l’aprirsi di un tempo qualitativamente diverso, più quieto e ricettivo rispetto a quello della quotidianità caratterizzata dalla fretta e dalla produttività. Il blu è il colore dell’acqua, ma anche del cielo!

E questa conchiglia di mare?
La conchiglia è un richiamo ad un altro tema, trattato nel singolo Belli numeri: la sezione aurea. È una proporzione presente in natura un po’ ovunque: nei fiori, negli alberi, nell’essere umano e nelle conchiglie, appunto; una proporzione che gli artisti hanno fatto propria perché caratterizza tutto ciò che per noi è bello. È presente già nell’arte dell’antica Grecia, così come nella fotografia moderna e anche nella musica, in molti modi. Ogni proporzione è anche un numero, e la sezione aurea è il numero Phi che, come il Pi greco, ha una serie illimitata di decimali dopo la virgola: 1,618…e via fino all’infinito! Un numero senza fine, che avrebbe bisogno dell’eternità per essere pronunciato per intero ma che si può condensare in una formula matematica…non è straordinario? Non a caso è detto anche aureo, o divino, e io ne sono incantata perché mette insieme ciò che è finito e calcolabile con ciò che sfugge ad ogni definizione razionale: in un semplice numero, la cui realtà è nascosta anche nella bellezza di una conchiglia, si può intuire l’Infinito…

E poi le voci come quasi uniche protagoniste… perché?
Il suono delle voci è quello che conosco meglio, e che preferisco in assoluto. La voce è il suono di un essere umano, e quando parliamo di coro, parliamo dell’incontro armonico e vibrante tra diverse voci, tra diversi esseri umani: cantare in coro è una esperienza meravigliosa che dovrebbero provare tutti. Per questo ho scelto di fondare un ensemble vocale femminile di mie amiche ed ex-allieve, le Ciwicè, che mi accompagnano sia in studio che dal vivo. La voce è inoltre il suono più versatile che c’è: con la voce non si cantano solo le parole ma si possono inventare suoni, o imitare i suoni di strumenti, degli animali, dell’atmosfera… Insieme alle percussioni con pietre e legni, la voce è stata senz’altro il primo suono usato dagli uomini nell’antichità: è nella voce l’origine della musica. Cantare inoltre è un modo preferenziale per connettersi alla sfera spirituale, come testimonia il fatto che in ogni culto e religione esista un vasto repertorio di preghiere cantate. È un campo così affascinante e ampio che credo non basti una vita per esplorarne tutte le potenzialità! Infatti sto già lavorando a nuovi brani con ancora grande spazio agli arrangiamenti corali: non riesco a farne a meno! Mio marito -Giorgio Andreoli, co-produttore di “Gurfa” e del precedente album “Oroverde” mi prende sempre in giro dicendo che “sento le voci” …e non posso dargli torto!