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Sono le prime ore del mattino, appena fatta colazione. Per far partire al meglio la giornata non c’è l’accensione della classica radio che spara tanta musica attuale e poche parole, tra l’altro anche decisamente evitabili, ma RaiSport. Spesso ad inizio giornata capitano delle gare di atletica leggera, soprattutto se siamo in estate, la cappa di calore è già presente per ricordarci dei problemi climatici, e ci sono Mondiali, Europei, Olimpiadi o eventi internazionali.

E naturalmente la giornata viene aperta dalle gare che durano di più, come la maratona oppure la 30 o la 50 chilometri di marcia. Al microfono il telecronista Franco Bragagna, che, per tenerci e tenersi compagnia, si circonda di diversi ospiti per rendere scorrevole un evento che non lo è. E molto spesso succede che ci si tuffi nel passato, per parlare dei successi dei più grandi dell’atletica. Tra questi, con grande frequenza, si può udire il nome di Maurizio Damilano, che il nostro ospite di questa settimana.

Maurizio Damilano è stato anche due volte campione del mondo nella 20 chilometri di marcia

Come veniamo a contatto con il noto marciatore? Mi segnalano dall’Adiciv, l’associazione dei diabetici di Civitavecchia, che Damilano sta seguendo un progetto dedicato al fitwalking. Faccio una ricerca e scopro che l’impegno di Maurizio è davvero imponente, si trovano una miriade di articoli e di interviste dove parla di questa pratica, che può essere affrontata da tutti, e dei suoi successi. Da lì a organizzare una piccola intervista il passo è stato da centrometrista, assolutamente non da marciatore.

Maurizio Damilano, assieme anche al fratello Giorgio, è uno dei promotori principali del fitwalking in Italia

Perché è importante il progetto fitwalking?

“Il fitwaling è un’attività di proposta di sport popolare – spiega Maurizio Damilano – divulgato tra le persone, non con finalità agonistiche. Vogliamo che diventi di ampia diffusione, attraverso l’utilizzo corretto del gesto del camminare, permettendo di fare sport in modo adeguato a tutte le età. Questo per poter far acquistare quei benefici che lo sport porta dal punto di vista del benessere e della salute, al di là di volersi mettere in gioco per quanto concerne l’aspetto agonistico”.

Bando alle ciance. Maurizio Damilano come vede il momento d’oro dell’atletica italiana, con tutti i successi degli ultimi anni?

“L’atletica sta raccogliendo in questi anni il lavoro seminato in precedenza – approfondisce la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Mosca 1980 – dopo anni di relativa qualità e che erano stati difficoltosi, ma che hanno indubbiamente saputo costruire qualcosa. Altrimenti non avremmo questi campioni. Quest’anno, nonostante le celebratissime figure di Marcell Jacobs e di Gianmarco Tamberi, credo che l’impresa più grande l’abbia fatta Massimo Stano. È stato l’unico tra questi tre grandi campioni a ripetersi a livello mondiale.

Poi Jacobs e Tamberi hanno vinto l’Europeo, ma la forza e l’importanza del risultato di Stano dimostrano che è stato l’unico a confermarsi a livello mondiale. Questa è un po’ una tradizione della marcia di saper cogliere momenti e vetrine importanti, a volte meno frequenti rispetto ad altre discipline. Fondamentale svolgere il proprio compito e ottenere il miglior risultato possibile. Anche molti giovani hanno saputo dimostrare il loro valore e farci capire che sono il serbatoio per il futuro”.

Massimo Stano, 30enne pugliese, ha vinto l’oro sia alle Olimpiadi di Tokyo che ai Mondiali di Monaco di Baviera nella marcia.

Damilano ha vinto l’oro nella marcia alle Olimpiadi di Mosca 1980. Un evento unico nella storia, con parte dell’Occidente che rinunciò alla partecipazione per motivazioni politiche legate alla guerra fredda. L’Italia, dopo un lungo batti e ribatti, decise di andare, ma senza bandiera ed inno. Stessa sorte, ma a parti invertite, a Los Angeles 1984, dove stavolta ad alzare il muro fu l’Est. E Damilano portò via il bronzo dalla California. Oggi siamo in una situazione che ci riporta a quello schema, con la guerra in Ucraina. Naturale chiedere un’impressione a Damilano.

“Credo che in generale che lo sport – conclude Damilano – quando viene coinvolto nel sistema politico, non entri nella strada più giusta. Capisco le situazioni, ma lo sport dovrebbe vivere a pieno la propria autonomia. Questo è nel dna dello sport, non ci sono né confini e né barriere. A Mosca è successo nel 1980, era già successo in parte nel 1976 con la defezione di molti Paesi africani, e poi si è ripetuto nel 1984. In Unione Sovietica non ci furono grandi conseguenze, in quanto tutte le nazioni più importanti erano presenti. Invece a Los Angeles nel 1984, la mancanza dei Paesi dell’Est, creò anche per la nostra specialità delle defezioni importanti, che incisero nei risultati ottenuti”.