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di Riccardo Bramante

Negli anni ’60 e ’70 gli artisti concettuali dicevano che l’arte non esiste nell’oggetto d’arte ma solo nella mente dello spettatore. Di qui la domanda: quando l’arte si trasforma e diventa valuta e la valuta diventa arte?

Che questa non sia una domanda paradossale ce lo dimostra ultimamente la storica casa d’aste londinese Christie’s che ha battuto per oltre 60 milioni di dollari la prima opera d’arte “non fisica” dal titolo “Everydays-The first 500 days” di Beeple, al secolo l’artista Mike Winkelmann. La sua opera rappresenta il codice alfanumerico identificativo del “Non Fungible Token” (Nft).

Sarà questo l’inizio della Crypto Art mania? Probabilmente si, perché nell’Nft le transazioni avvengono tutte quasi esclusivamente con cryptovalute e, in definitiva, rappresentano un certificato digitale inserito in una blockchain (una tecnologia di registro distribuito) che registra proprietà e autenticità di un asset, sia esso digitale o materiale.

Questo è uno strumento che ha dato la possibilità ai “digital artists”, finora quasi sconosciuti, di dare un valore e un mercato alle proprie creazioni.

Di Crypto Art si è iniziato a parlare già verso la fine del 2010, quando la tecnologia blockchain compie il suo primo anno e sollecita alcuni artisti che ne intravedono le possibilità di utilizzo per certificare, tracciare e vendere le proprie creazioni di arte digitale , il tutto online su piattaforme specializzate, tanto da superare, fino ad oggi, oltre 315 milioni di dollari di ricavi.

Per cercare di comprendere più facilmente il fenomeno degli Nft possiamo pensare alle celebri figurine Panini dei calciatori; in quelle bustine vi erano migliaia di figurine, ad esempio del grande Francesco Totti, ma se una di quelle figurine è autografata da Totti in persona acquista un valore incommensurabile pur essendo uguale alle migliaia di altre, cioè non è “fungibile”, consentendo, perciò, di monetizzare qualcosa che altrimenti non avrebbe avuto alcun valore commerciale.

Oggi nel mercato degli Nft si passa da opere di vero e proprio feticismo digitale, quale quelle di Jack Dorsey, cofondatore e CEO di Twitter alla Band musicale dei Kings of Leon che hanno messo in vendita il loro ultimo disco anche come Nft in edizione limitata, fino agli hightlights più noti delle partite di basket della NBA americana.

Su questo mercato c’è anche l’Italia, ad esempio con il duo Hackatao con ben 546 opere che hanno generato un numero di transazioni per oltre 6 milioni di dollari.

In proposito, è emblematico che gli Hackatao provengano dal mondo dell’arte “fisica” fino a quando, nel 2018, hanno scoperto le potenzialità di questa nuova forma espressiva che mette in discussione, secondo loro, “le logiche perverse del mondo dell’arte” rendendo possibile “un cambio di paradigma per questo mondo”.

Ma, alla fine, la domanda che sorge spontanea è: acquistare nel mercato dell’arte digitale sotto forma di Nft può essere un buon affare? Sembra di si, perché con questa tecnologia l’opera assume una garanzia di valore, è tracciata e conserva lo storico di tutte le transazioni avvenute, divenendo con ciò un esemplare unico in cui viene riconosciuto il valore della creatività a prescindere dal mezzo utilizzato per esprimerla.