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Sempre affascinante quest’aura antica di pirati e antiche librerie, posti da rigattieri folli dentro cui la follia sembra il vero rifugio dentro cui salvarsi dalla distopia della realtà. E il giovane cantautore leccese Giulio Spagnolo sa bene come restare al confine tra il pop e l’allegoria in un disco che ricerca anche molto nel suono e nella forma ma sempre senza esagerare: “Beato chi” è un lavoro di critica sociale e di vita, di belle denunce ma anche di emancipazione… e poi i rimandi letterari, i finali inquieti, la sacralità di un brano che guarda oltre la terra che abbiamo sotto i piedi… e si veda la cura del video ufficiale della title track dentro cui campeggiano un poco tutte le salse che, in una violenta sintesi, ritroveremo a spasso per tutto l’ascolto.

“Dio e l’uomo”: potrei fare un’intervista solo su questo brano. Perché Dio, perché Roosendaal come luogo di ispirazione… perché una tromba che mi riporta in Mexico?
Prima di rispondere ci tengo a ringraziarla per l’apprezzamento, non le posso negare che questo è uno dei brani dell’album al quale sono particolarmente affezionato.
Mettere a confronto Dio e l’uomo, in uno scambio di opinioni, è stato un po’ come spingere lo stesso uomo in un inganno, portandolo alla rabbia, mettendolo di fronte al risultato delle proprie scelte, e non a quelle di Dio.

Diciamocelo, per natura l’essere umano tende a “dimenticare”, assentandosi da ciò che lo renderebbe vivo, ma in chi o in cosa rifugia le proprie frustrazioni?
Mi trovavo a Roosendaal per lavoro, era un triste febbraio del 2016, lo posso dire con tranquillità: ero davvero in un brutto periodo. Senza musica, senza le mie percussioni, iniziava a spegnersi tutto sempre di più e per colmare questa assenza decisi di acquistare una chitarra, imparando i primi quattro accordi iniziai a raccontare tutta la tristezza che stavo vivendo. Non ero ancora consapevole, ma in quel momento stava nascendo il brano che proprio ora stiamo discutendo.
La scelta dell’inserimento della tromba è stata quasi spontanea, un po’ come una conseguenza, è stato il brano a richiederla, serviva un suono “strappa anima” che potesse amplificare la potenza della melodia nei ritornelli, e così è andata.

E tutto il resto del disco in qualche modo si confronta spesso col Sacro… non so se è una mia sensazione ma nel caso posso chiedertene la ragione?
È una buona sensazione che durante la stesura dell’album ha richiamato la mia attenzione, pensavo che i brani si stessero legando in un qualche modo con il sacro, ma successivamente ho realizzato che era solo la penombra di alcuni concetti tendenti al sacrificio e che l’’unico brano ad avere a pieno il concetto del sacro restava “Dio e l’uomo”.

“Buongiorno Capitano” ha qualche radice alla Wallace? Chi è il Capitano di Giulio Spagnolo?
Credo che citare Wallace sia il caso giusto, infatti è l’unico brano dell’album a non avere un lieto fine, perché appunto spiega del fallimento di una missione trascinandosi un senso di abbandono in se stessi. Una mongolfiera immaginaria che spegne qualsiasi speranza all’atterraggio.
In tutta sincerità non ho una guida o un capitano, ma ho dei punti di riferimento per non perdere la rotta, la mia nave l’ho voluta riempire di strumenti e musicisti perché sono consapevole di non sapere dove porterà questo vascello ma so cosa devo evitare affinché possa navigare.

E di base il suono di questo disco da dove nasce? Che radici ha, che ispirazioni…?
Prendendo vari caratteri musicali dalla “world music”, dal “patchanka” , dal rock, dal partenopeo, dalla musica classica, da quella elettronica alla balcanica, ho raggiunto un’identità musicale.
Un album dallo stampo cantautorato, un po’ per come sono cresciuto, in fondo ascoltavo De Andrè all’età di quattro anni. Nel tempo ho continuato ad ascoltare tantissimi artisti arricchendo il bagaglio musicale e posso confermare che durante la composizione di un brano non parto dalla mia idea di canzone, ma mi chiedo sempre: “di cosa necessita questo brano? Cosa gli servirebbe per toccare un emozione? È la musica a decidere, io eseguo da bravo operaio.

Quanto ci piace parlare? Quanto ci piace il “bla bla bla”? Secondo te perché?
Per me il dialogo è la base di qualsiasi tipo di rapporto tra due persone, non può esistere un equilibrio senza dialogo; viviamo in un epoca in cui il “bla bla bla” è all’ordine del giorno, il problema però è ciò che ci resta. La nostra è una società che ci vuole dinamici, attivi, ma che poi vede annerire la propria anima nell’individualismo che chi ha regalato un eccessivo progresso, non siamo più predisposti all’ascolto perché inseguiamo e alimentiamo la frenesia del sistema mondiale.