Fortitudo Bologna, Effe di fede
Qualche tempo fa tra i vari consigli per questi articoli, ne ho ricevuto uno davvero interessante. “Perché non dare spazio alle storie dei perdenti?” E’ una cosa a cui, forse, non siamo abituati, perché il mondo, soprattutto attuale, vuole vincere e vedere vincere. E se non ha vinto punta a salire sul carro del vincitore. Lo insegna lo sport, la politica, le guerre mondiali.
Quanti film di sport parlano di personaggi che si danno da fare, ma perdono? Sicuramente Rocky 1, sicuramente Moneyball, sicuramente Palombella Rossa, sicuramente me ne perdo qualcuno, ma non credo che ce ne siano molti. Ho rimesso nel cassetto quest’idea di parlare di qualche realtà perdente, anche se volevo svilupparla con qualche nobile decaduta. Nei giorni scorsi, guardando una partita, ho avuto l’immagine chiarissima davanti agli occhi.
Una nobile decaduta, purtroppo ancora una volta, dello sport italiano è la Fortitudo Bologna. Due scudetti, una Coppa Italia, due Super coppe italiane, grandi partite a livello internazionale, Carlton Myers, Gianluca Basile, Marco Belinelli. Ho già reso l’idea. Ma anche sette retrocessioni ed un fallimento. Tutto questo in Basket City, Bologna, dove il basket fa concorrenza al calcio e al Bologna di Sinisa Mihajlovic. E domenica è maturata l’ottava retrocessione della storia della Effe, tutto questo mentre i “cugini” della Virtus puntano al secondo scudetto di fila e alla qualificazione all’Eurolega.
Metti pure che la discesa in A2 è arrivata in una partita contro Napoli, tra le più brutte che gli appassionati hanno visto dal lato tecnico e agonistico. Poca verve “on the floor”, ma massiccia la paura di perdere di entrambe le squadre. Le aquile bolognesi hanno quella che, probabilmente, è la tifoseria più calda del basket italiano: la Fossa dei Leoni. In occasione del derby con la Virtus hanno allestito una coreografia che forse non si vede neanche a teatro. Naturalmente con una bella stilettata alla V nere ed alla loro dirigenza, accusata di essere senz’anima e trasformatasi in un’azienda “vuota” di sentimenti. E per la retrocessione è stato esibito uno striscione che la dice chiara sul loro pensiero “Liberate la Fortitudo”.
Tornando all’indefinibile partita con Napoli, a fine gara un plotone di guardie della sicurezza ha protetto gli atleti che si stavano dirigendo negli spogliatoi. Le immagini viste dalle tv sembravano surreali, ma anche indicative per il calore e per il trasporto verso una realtà che da tempo è fuori dai radar di grande livello. In tribuna c’erano anche Dalibor Bagaric, Vincenzo Esposito e Nazzareno Italiano, vecchie glorie del club, per dare la carica giusta al giusto. Cosa che, però, non è servita.
La Fortitudo e i suoi tifosi sembrano l’emblema di una realtà e di una società sportiva considerate “sfortunate”, ma allo stesso tempo che ti vanno venire forte la voglia di tifare per loro. Nel calcio un paragone del genere lo si può fare per il Torino nel calcio. In questi giorni è un concetto semplice, visto che c’è stata la ricorrenza con la tragedia di Superga. Il Toro è da sempre considerato con una realtà da tifare per chi piace soffrire e per chi non ha la necessità di vincere. Davvero molto limitativo, se si pensa che negli ultimi 30 anni non è che ci siano state molte squadre che abbiano alzato trofei in Italia.
Onestamente non riesco a pensare che nemmeno il più acceso tifoso juventino torinese possa pensare di “odiare” un nome come quello dei granata. Su questo livello potremmo considerare anche il Genoa, ma la gestione Preziosi ha annacquato quanto di storico e di sacro ha il Grifone rossoblu, che per tanti anni ha dovuto fare i conti con la serie B e la serie C. Ma torniamo alla Fortitudo. La stagione che sta per terminare è stata una clamorosa agonia per i felsinei.
Arrivavano in continuazione notizie negative. Repesa non è convinto del progetto e lascia la guida della squadra dopo la prima giornata, quindi diversi giocatori di valore decidono di andarsene. C’è Gabriele Procida, considerato uno dei migliori prospetti, anche in ottica Nazionale, ma non è pronto per prendersi sulle spalle la squadra. Anche Groselle e Benzing potrebbero essere d’aiuto, ma quando entri in un trend negativo (spero non mi senta Nanni Moretti), sembra che si crei un vortice nel quale non puoi fare altro che tuffarti dentro. A Bologna si parla di fallimento annunciato e non so dargli torto.
Ma la domanda più preoccupante è un’altra. La Fortitudo ci rimarrà solo per un anno in serie A2? Oppure anziché una sistemazione provvisoria, finisce che la Effe si infila in un tunnel, dove l’unica cosa che riesce a fare è arredarselo? La risposta, però, dovranno darla i soggetti titolati alla ricostruzione di un club crollato e finito a pezzi.
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