Due mondi immaginari, due società in territori di confine. Due paesi che nella fantasia dello scrittore romano Flavio Lucibello si chiamano Verbello e Belsole. Si intitola dunque “Verbello e Belsole, solo storie di paese” il suo nuovo romanzo che, didascalicamente, ci preannuncia la storia tra satira e ironia della rivalità antica di due luoghi densi di storia… la loro storia come la storia dell’Italia intera. Una lettura bella, scorrevole, una lettura densa di qualità e leggerissima semplicità.
Scienza e conoscenza. Due pilastri che annodano a sé la tua vita e questo romanzo in fondo… impossibile non partire da una domanda forse più sociale che scientifica: quanto la scienza di oggi ci sta togliendo la conoscenza inserendoci in facili e comodi automatismi?
Non è la scienza che ci sta togliendo la conoscenza, semmai è la “tecnologia del consumo”. I comodi automatismi a cui ti riferisci sono il frutto della nostra totale immersione in un mondo di apparati tecnologici che pensano, operano e agiscono per noi. Questa continua delega, che facciamo quotidianamente al nostro smartphone, al PC, al Web, di gestire il nostro tempo e di semplificare le nostre azioni, semplifica anche il nostro pensiero e, meno una persona è strutturata e formata, più questi strumenti diventano pervasivi. Scienza e conoscenza sono due sorelle che camminano di pari passo e che a ogni piè sospinto si chiedono se il loro percorso sia corretto e costituiscono il patrimonio culturale di un popolo. Ma la conoscenza è formata anche da dati esperienziali che non necessariamente devono derivare dallo studio. Ma se questa parte del patrimonio culturale non deriva più dall’esperienza diretta e dalla trasmissione intergenerazionale, ma viene “propinata” in base a questi strumenti tecnologici che rispondono solo alle leggi del Mercato allora lo scenario che ci si presenta è analogo a quello del libro di Orwell “1984”.
Te lo chiedo perché in fondo, nella satira di questa storia, viene a galla qualcosa che manca al mio modo di guardare il mondo: l’arte di arrangiarsi. È un teatro tutto italiano che un poco, forse, sta venendo meno. Non trovi?
Se sta venendo meno non lo so e non mi sembra, ma se ciò fosse non sarebbe affatto male. Penso che gli scenari sociopolitici che, con ironia, vado a rappresentare nei quattro episodi, sono proprio l’effetto di decenni di arte dell’arrangiarsi senza mai affrontare alla radice i problemi ormai atavici della nostra società. Il fatto di non “mettere a sistema” certi processi, di non dare mai per assodati diritti fondamentali come quelli alla salute, allo studio e al lavoro, costringendo le persone ad arrangiarsi, spesso al limite o oltre la legalità, porta a quelle degenerazioni che rappresento: corruzione, nepotismo, prevaricazione, speculazione etc… Forse se invece di arrangiarci avessimo preteso con forza che venissero rispettate le regole e i nostri diritti probabilmente la nostra società sarebbe migliore.
Hai mai visto il film “La grande seduzione”? Ci sono moltissime cose in comune che ti faranno sorridere. In altra misura: cosa ha ispirato questo romanzo?
No, mi dispiace non l’ho visto, ma rimedierò al più presto. Devi sapere che per lavoro, negli ultimi decenni, ho spesso avuto a che fare con il mondo della politica e delle pubbliche amministrazioni. In più occasioni ho avuto a che fare con soggetti che farebbero impallidire i personaggi del libro. Di solito questo mi provoca indignazione e rabbia per come viene gestita la “res pubblica”. Ma un giorno in cui ero particolarmente colpito da alcune nefandezze a cui avevo assistito, mi sono sfogato scrivendo un racconto satirico, il primo del libro. Io ho un sito autore (www.il lupocerviero.it) dove pubblico periodicamente racconti a cui si può accedere gratuitamente e una rubrica “Messaggi in una bottiglia”. Quando ho pubblicato quel racconto la risposta è stata tale da lasciarmi basito. Tantissimi mi hanno scritto ringraziandomi perché era tanto che non si divertivano così, altri mi chiedevano addirittura il seguito. Allora sono arrivato a una conclusione: Le persone hanno bisogno di ridere, di allentare la tensione, non serve che gli elenchiamo seriosamente e in modo ossessivo i problemi che devono affrontare tutti i giorni e che ben conoscono. Preferiscono riderci su, forse anche delle loro disgrazie, ma con un po’ di ironia. E ho deciso, attingendo al nutrito patrimonio personale di nefandezze sociopolitiche, di scrivere il resto.
Quanto c’è di socialmente utile dentro questa storia? Come a dire: stai lanciando un messaggio alla comunità sotto “mentite spoglie”? Trovo che questo libro ci richiami all’ordine di cose prioritarie come il bene comune che ormai viene soppiantato dal vero egoismo… cosa ne pensi?
Il motivo per il quale mi sono messo ascrivere racconti, dopo una vita dedicata ad altro, è proprio quello di cercare di arrivare alle persone con un messaggio che richiami la loro attenzione sulla pericolosa deriva che stiamo prendendo. Ho fatto mia una frase del padre dell’etologia Konrad Lorenz:
“…l’uomo non è esposto soltanto alla minaccia dell’olocausto nucleare o ai pericoli che nascono dall’inquinamento e dalla distruzione dell’ambiente: c’è una malattia più sottile che lo insidia, ed è il declino delle sue qualità più specificatamente umane”.
L’imbarbarimento dei rapporto sociali, la distruzione dell’ambiente, la perdita dell’identità e della memoria storica, ci stanno conducendo, a mio avviso, verso un baratro. La storia contemporanea ci insegna che questo non può che sfociare in eventi drammatici. Purtroppo, quello che sta avvenendo nel mondo mi sta dando ragione. Questa volta ho voluto lanciare il messaggio cercando di abbinarlo a un sorriso.