Il gruppo dei Drop Circles nasce nella Primavera del 2011 dalle ceneri di alcune band della scena rock fiorentina, navigando da anni nelle torbide acque del Grunge. Il genere suonato ha come matrice, infatti, le sonorità Seattliane figlie del Puget Sound, ma dalle svariate influenze, con riflessi che spaziano dal Nu-Metal, all’Indie Rock passando per il Crossover.
L’orientamento è quello di mantenere la coerenza e il magnetismo con le proprie origini musicali, cercando di produrre brani propri e talvolta cover nel connubio di una direzione rock, comunque delineata e riconoscibile.
La lineup, dopo due importanti cambi (chitarra/basso) è ormai stabile dal 2016 e ha calcato numerosi palchi della Toscana e Emilia-Romagna/Lazio, arrivando anche nella finale nazionale dell’edizione di SanremoRock 2021 al Teatro Ariston e aprendo concerti di band del calibro di Marlene Kuntz, Manuel Agnelli e Punkreas.
In questa intervista, Sergio Lestone, bassista del gruppo, ci racconterà del nuovo singolo “Disarmonica”.
Come avete sviluppato la vostra passione per la musica e quali artisti ritenete abbiano maggiormente influenzato il vostro percorso artistico?
Siamo un po’ tutti della generazione in cui la musica si “apprendeva” per osmosi dai genitori. Chi più chi meno, abbiamo tutti studiato uno o più strumenti da piccoli. La musica era quella dei Pozzoli, dei Beyer e dei vari metodi per pianoforte o chitarra. Ad andar bene, si ascoltavano i dischi dei Beatles, dei Pink Floyd o degli artisti italiani anni ’60 che circolavano a casa. Poi sono arrivati gli anni ’90 e con essi l’adolescenza. Ricordo bene quando a casa di un amico ascoltai per la prima volta Lithium dei Nirvana: ho ancora qui dentro di me la sensazione che mi provocavano quegli accordi, così “strani” da essere sensuali come il primo bacio con una ragazza. Un’esperienza di fruizione artistica veramente nuova. Da quel momento in poi la nostra vita è stata un’interminabile ricerca di quella sensazione primigenia in altra musica, altre voci, altre bands: Guns ‘n Roses, Pearl Jam, Soundgarden, Alice in Chains, Kyuss, Korn, Deftones, Slint, At the Drive-in… e la lista potrebbe estendersi all’infinito. Ciò che ci ha ispirato e tuttora ci ispira, più che essere un artista o un genere, è un approccio alla musica: autenticità e intensità, un rapporto con il suono che è prima di tutto fisico, le vibrazioni arrivano dalle casse direttamente allo stomaco senza passare dal cervello.
Qual è il vostro primo ricordo legato al mondo della musica?
Il mio primo ricordo legato alla musica, avrò avuto 4 o 5 anni, sono le ore che passavo strimpellando il pianoforte di amici dei miei genitori, inventando musica che ricordo tranquilla, quasi notturna: non ero ancora un fanatico della distorsione valvolare né sapevo che esistesse uno strumento chiamato basso elettrico. Un altro ricordo piuttosto antico sono le serate che i miei organizzavano con gli amici, durante le quali chitarre e canzoni cantate a squarcia gola la facevano da padrone.
Parlando del vostro ultimo singolo “Disarmonica”, qual è la storia dietro la creazione di questa canzone?
Disarmonica è nata durante un periodo molto particolare per tutti noi: in pandemia non potevamo uscire di casa, figurarsi vederci o provare in presenza. Allora ci siamo messi a scrivere e a registrare provini, che poi ci scambiavamo via email. È stato così che Simone ha inciso il riff di basso di Disarmonica, poi ci ha registrato sopra la parte per chitarra e ci ha mandato questo primo canovaccio. Gandalf, il nostro batterista, aveva vergato un testo intriso di frustrazione per il bisogno insoddisfatto di libertà e sfogo artistico, condizione in cui ci trovavamo tutti durante l’era Covid. A quel punto il pezzo era già praticamente scritto e alla prima prova post-pandemica abbiamo suonato Disarmonica quasi “buona la prima”.
Nel vostro percorso artistico, quanto considerate fondamentale la ricerca e la sperimentazione di nuove sonorità?
Ricerchiamo continuamente nuove sonorità: d’altra parte, per citare gli Afterhours, “se c’è qualcosa che è immorale è la banalità”. In questi anni abbiamo sovente cambiato strumenti e amplificatori proprio per trovare nuove nuances sonore. Ma senza strafare: sotto sotto rimaniamo sempre fedeli al Seattle sound e al grunge col quale siamo cresciuti: per noi un buon overdrive e il calore dell’analogico sono fondamentali.
Ci sono anticipazioni o novità che desiderate condividere in anteprima con i nostri lettori riguardo ai vostri prossimi progetti o sviluppi artistici?
Siamo in una fase di grande fermento: abbiamo altri 3-4 pezzi pronti, che il prossimo autunno potrebbero diventare l’ossatura di un EP insieme a Disarmonica. Ma tutto questo rientra in un progetto più ampio di cui fa parte la colonna sonora di un film e una collaborazione con un’importante casa di produzione. Tutto questo senza trascurare e, anzi, rilanciando la nostra attività live: il palcoscenico è il nostro habitat naturale, ne abbiamo bisogno per vivere!