Ci sono dischi che non possono essere racchiusi dentro cliché, visto che già molti ne devono rispettare per codificare un linguaggio che sia di tutti (o quasi). Di certo Biagio Accardi non è un artista pop e di certo questo disco non lo paragonerei ad un libro di Fabio Volo ecco… piuttosto ricercherei le pagine umane e spirituali di Tiziano Terzani. Perché “Fai che accada”, da titolo poi, è una vera e propria celebrazione alla vita e alla condizione umana (o a quello che dovrebbe essere).
“Nutrire la bellezza e l’energia che alimenta” è un mantra che torna in diverse forme dentro tutto il disco e non solo da “Silenzio”, la prima traccia da cui la pesco letteralmente. “Musica medicina” dunque ricercata anche da un suono che si sporca di terra e di strumenti antichi, di arpe celtiche, di sonagli e moti persuasivi assai ritualistici. Si mescolano momenti fiabeschi alla Branduardi con momenti di spokenwords appena accennati, appena recitati come nel mantra (credo che questa parola sia molto più giusta di ritornello) che trovo ne “Il bene” o spruzzate di intenzioni rock metropolitano e notturno dentro “La luce” in cui al posto della distorsione trovo gli archi a portarmi in volo. E che mondo arriva dentro “Nel vento”? Mi pare di star dentro le trame di un Eugenio Bennato in mezzo al Mediterraneo, dentro antiche tradizioni popolari di qualche paese lontano…
Non voglio raccontarlo tutto questo disco ma solo fermiamoci dentro “Dal grecale” in cui troviamo corde antiche, riverberi ancestrali e canti tradizionali grecanici di Aremu Rindhinedda e Kalinifta. Fermiamoci dentro le trame di questo disco che all’estetica chiede davvero poco (almeno sembra). È un lavoro maestoso di spiritualità, di mare, di vento, di terra da sentire… e ci sento dentro il cuore che da ritmo alla vita.