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Si intitola “Benedetto Avvocato” edito da Echos Edizioni il primo lavoro di Antonio Di Santo, avvocato nella vita quotidiana, immerso nelle dinamiche di un piccolo centro di provincia. E questo da ragione e peso a tutta una serie di teatrali quanto popolaresche dinamiche di convivenza private di quella distanza tra professionisti e clienti. Si sa come accade dentro un piccolo paese: il mestiere che si mescola alla sfera del personale. E tutto questo tinto della maschera napoletana si traduce in un piccolo romanzo dove la provocazione e l’ironia conducono il lettore dentro una vicenda di leggerissima quotidianità ma intrisa di quel gusto che rapisce fino alla fine. Insomma: il merito di aver scritto qualcosa di semplice, qualcosa di quotidiano, e di averlo saputo rendere decisamente accattivante.

 

Esordio letterario che giunge in che momento di vita e di carriera per te?
In un momento di particolari cambiamenti nella mia vita familiare e di consolidamento in quella professionale. Lo stop imposto dal Lockdown è stata la giusta occasione per dare serena attuazione ad un progetto che avevo in cantiere e che forse avrei realizzato solo nella parte finale della mia carriera professionale. Il tempo a disposizione e i giusti stimoli giunti da un mio caro amico ( Dr. Michele Selvaggio) purtroppo morto prima che vedesse terminato e pubblicato il libro, hanno fatto portare a compimento prima la realizzazione di “Benedetto avvocato”.

Un libro in bilico tra l’ironico e il “sociale”… risponde ad un preciso bisogno? Ha qualche responsabilità secondo te?
L’attuale momento storico è molto delicato sia dal punto di vista economico sia da quello umano e lo stato emergenziale non risiede soltanto nelle difficoltà che i cittadini incontrano ogni giorno da un punto di vista meramente pratico. L’emergenza è anche emotiva, personale. Le crisi in atto hanno acuito il senso di allarme e di isolamento che le persone vivono quotidianamente e molto spesso, quando si rivolgono a un avvocato per gestire una questione legale, finiscono per parlare delle proprie solitudini, delle proprie fragilità, della propria famiglia. Parlare, quindi, dei problemi sociali ma in modo ironico e leggero.
L’avvocato Benedetto Di Dio, racconta le sue storie – e si racconta – con una precisa vena ironica, non per sminuire le circostanze che affronta nella professione e nella vita privata, ma per indicare la via più giusta per affrontarle – e sopravvivere – in modo sano.
“Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore” ha detto Italo Calvino.
A mio parere prendere la vita con leggerezza è l’unica soluzione possibile in questo momento, strappare un sorriso e una riflessione è il contributo che ho ritenuto più giusto offrire.

Azzardo un’impressione: un’immagine di copertina che sembra anche richiamare ad un frontespizio di una tesi. Sembra? O sono fuori strada?
Sulla copertina sono simboleggiati toga e bilancia che per la professione forense sono simboli che hanno una valenza particolare.
La toga è da sempre il simbolo della professione forense, da magistrato e da avvocato. Chiunque abbia studiato legge e chiunque abbia frequentato un tribunale lo sa bene: la toga consiste nel simbolo della professione della legge, ed ha una simbologia molto antica e ben precisa. Essa simboleggia il diritto di difesa, ma la toga è da sempre anche simbolo di prestigio sociale e di libertà, perché quando il giudice e l’avvocato sono al lavoro devono essere del tutto privi di condizionamenti e di ogni tipo di legame, per diventare uno strumento per ottenere giustizia e verità. Ogni volta che la indosso, il mio corpo è attraversato da emozioni uniche. La bilancia è il simbolo per eccellenza della giustizia. Il gioco delle forze fisiche fa funzionare la bilancia che diviene è emblema del gioco di forze psichiche che vede contrapposte tesi estreme. Come i due piatti della bilancia, tanto più si allontanano dal centro del giogo, tanto più garantiscono precisione all’apparecchio, così le contrapposte parti processuali, tanto più estremizzano la loro posizione di parte allontanandosi dall’imparzialità del giudice (il giogo), tanto più garantiscono il buon funzionamento della macchina processuale.

Ti aspettavo un simile riscontro? Che poi in seguito per te significherà anche un nuovo libro in cantiere? Magari un sequel?
Il riscontro altamente positivo ed inaspettato e molti dopo averlo letto mi chiedono ma quando scrivi la continuazione? Sarà complicato ma non impossibile.