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Sì, l’ho fatto apposta. Ed anche in maniera preterintenzionale, neanche fossimo davanti alla scritta “siamo tutti uguali di fronte alla legge”. La prima parte del titolo faceva intuire che avrei affrontato il tema boicottaggio sì, boicottaggio no per i Mondiali in Qatar. Ed il dissenso è giusto che ci sia, ed io sono dalla parte di chi osteggia un evento in una nazione che per nulla può rappresentare l’idea di mondo e di sport che di dovrebbe avere. Ma oggi, a 12 anni dall’assegnazione dell’organizzazione e con l’Italia a casa, quanto senso può avere un boicottaggio e quanti petrodollari possiamo togliere dalle tasche degli sceicchi e dei gran capi della Fifa? Pochi.

Perché siamo arrivati troppo tardi. È come i samurai giapponesi che ancora andavano in guerra anche dopo che era finita. Ma almeno loro l’avevano fatta, la guerra. Cosa si può dire? È stato già detto tutto. Faccio un brevissimo paragone politico. Nelle ultime settimane molti militanti di sinistra stanno fortemente contestando l’operato del governo Meloni. Non entro nel merito. Però dico. A Ferragosto, quando le dimissioni del governo Conte hanno, di fatto, consegnato il Paese in mano alla destra, dove stavate? Il paragone è giusto per richiamare la situazione Qatar 2022.

E poi una domanda che fa quasi venire il sangue agli occhi. Il campionato di serie A si ferma per un mese e mezzo. Che cosa faccio? Come che cosa faccio… ci sono mille situazioni da seguire, magari un altro sport, magari una passeggiata, magari imparare a cucinare, visitare un museo, imparare a rifare un letto. Tanto per dire.

Torino è si colorata di grande tennis, con la finali Atp, con in campo i migliori tennisti nel 2022

Oppure andara a vedere le finali Atp a Torino. Di questo evento non sono riuscito a capire ancora una cosa. Ma se si tratta dell’evento di fine anno, a cui partecipano i tennisti che meglio si sono comportati durante l’anno, perché viene vissuto come un gran galà di fine stagione, neanche fosse l’assegnazione del pallone d’oro. È come se la finals Nba o il Superbowl diventassero eventi costruiti solo per fare cassetta e show. E invece non credo che vada proprio così. O perlomeno che non sia solamente entertainment, come dicono dall’altra parte dell’oceano.

Ma questi giorni a bussare forte all’opinione pubblica sportiva è stato il basket italiano. Infatti la Nazionale azzurra, o se preferite Italbasket, ha conquistato la qualificazione ai Mondiali con due giornate d’anticipo. Purtroppo non è una non notizia ed essendo quindi notizia ha raggiunto una buona dose di enfasi. Prima l’Italia aveva ceduto solamente all’overtime contro la Spagna, davanti ad una Pesaro che si conferma desiderosa di pallacanestro, richiamando, in parte, i tempi andati della Scavolini. Ma tutto si è ricomposto nella sfida di Tbilisi contro la Georgia.

Una bellissima stoppata di Paul Biligha nella partita contro la Georgia

Sembrerebbe mettersi tutto bene, ma basta poco per accendere la miccia. I georgiani, con Kvaratskhelia in tribuna, sanno bene che coach Pozzecco è un peperino. E il programma di quello che succede è fin troppo scontato, basta girarsi un attimo dall’altra parte ed è lì che ti fregano. Ed è lì che Pozzecco si allaccia con l’arbitro, prende un tecnico e Tbilisi diventa un forno di una pizzeria di sabato sera. Poi c’è Mannion che commette due falli gravi e viene estromesso dalla partita, mentre sale di tono Tornik’e Shenghelia, che tutti preferiamo chiamare Toto, che gioca alla Virtus Bologna. Ma in campo l’Italia sta troppo bene, con Pajola che parte da dietro, carica l’uno contro uno, fa tutto quello che può.

Baldasso si prende i tiri dalla distanza, così come Spissu, che però in alcuni momenti ci fa addentare la coperta del letto dalla disperazione, ma è Michele Vitali a darci lo sprint giusto nel momento più concitato. Davanti c’è Tessitori, per lui 15 punti nel canestro e non so come non abbia rimediato 15 punti di sutura dopo i metodi educativi ottocenteschi utilizzati dai georgiani per marcarlo. Ed è finalmente festa, ma c’è qualcosa che ci manca. È quel Gianmarco Pozzecco che esce fuori dalle righe, che si strappa le camice, che urla come un indemoniato, che estrapola frasi ad effetto.

Gianmarco Pozzecco festeggia con il suo stile la seconda qualificazione consecutiva ai Mondiali. Non era mai accaduto

Viene intervistato dal Tg1, un evento per il mondo del basket, spesso rifilato nello stanzino delle scope. Rilassato, calmo, risponde in maniera accademica. C’è chi spera che sia solo un antipasto per poi chiudere con la botta secca finale, ma è un gigantesco svarione. È subito allarme per i baskettari. C’è chi pensa che non sia più lui, che sia stato rapito da una cellula di Al Qaeda in Georgia (ma noi smentiamo fermamente). Subito insorgono i puristi della palla a spicchi.

Noi proviamo a metterla sulla goliardia, ma la paura è che qualcuno possa prenderla sul serio. Ora che il basket italiano diventerà popolare, cosa ne sarà di noi? Era meglio quando si stava peggio, lamentarsi che non ci calcola nessuno e dire che l’Italia è un Paese di pallonari del calcio. Ricorda un vecchio sketch di Maurizio Crozza. “Non portare via i sassi dalla Toscana. È vero che se li portate in giro per l’Italia, tutto il Paese sarà un po’ più Toscana, ma così la Toscana non sarà più Toscana”.